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Della crisi e della fiducia
Pubblicato il 14/09/2012
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È difficile ricordare una vendemmia più complicata e contraddittoria di quella corrente. Nessuno può pronunciarsi compiutamente in merito alla qualità, che probabilmente sarà a macchia di leopardo con un fittissimo maculato, e la sensazione è che anche la natura e il clima, con i loro capricci e la loro mutevolezza, risentano del clima di profonda incertezza e disillusione che la crisi globale sta determinando. Il fumus di sfiducia generale nel futuro coinvolge naturalmente il mondo del vino, fatto di grandi e piccole aziende, che soffrono delle contrazioni di domanda e in massima parte non possiedono i mezzi per portare nel mondo una qualità elevata ma che rimane relegata nelle cantine, soffocata da un sistema-paese inesistente nel dare ma sempre più vorace e spietato nel prendere, guidato da un establishment lontano anni luce dalla realtà del quotidiano lavorare. Sostenere che solo l’ottimismo e la positività possano determinare un cambiamento di rotta, anche quando la “luce in fondo al tunnel” è un fuoco fatuo che solo l'occhio di lince del premier riesce a cogliere, non è qualunquistico. È paradossale ma a mio avviso significativo che nel marasma di dichiarazioni, proclami, polemiche, scontri che caratterizzano il dibattito sociale e politico nell'attuale congiuntura, l’atteggiamento più concreto e positivo venga assunto dai terremotati dell'Emilia. Da essi nessuna polemica, nessuna richiesta, nessun piangersi addosso. Avere perso tutto ciò che di materiale si possiede non significa aver perduto l’ingegno, la passione, l'amore per la vita, per il prossimo e per il lavoro. Essi sono un modello da seguire in quello che, alla ripresa dopo l’estate, sembra preannunciarsi come l’autunno più difficile e buio dall’ultimo dopoguerra.

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