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Succede nel 1979
Pubblicato il 06/04/2012
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Non capita tutti i giorni di stappare una magnum risalente a un’epoca in cui il vino italiano era succube di errori e arretratezza, praticamente inesistente nei mercati che contano e ancora lontano dal riscatto che avrebbe conseguito negli anni a venire. Nel 1979, annata pregevole in Chianti, ottima a Montalcino, il Milan di Liedholm, Albertosi e Bigon vince lo scudetto della stella, nonostante uno straordinario Perugia rimasto imbattuto. Il terrorismo miete decine di vittime, Carlo Azeglio Ciampi inizia la sua carriera come governatore della Banca d’Italia e Margareth Thatcher quella di Lady di Ferro a Downing Street. Cadono tre governi Andreotti e Cossiga diventa Presidente del Consiglio, viene assassinato Giorgio Ambrosoli, curatore fallimentare della Banca di Sindona, e Carlo Maria Martini diventa Arcivescovo di Milano. Oriana Fallaci pubblica Un uomo, escono Il matrimonio di Maria Braun di Rainer Werner Fassbinder, Alien di Ridley Scott, Apocalypse Now di Francis Ford Coppola, Manhattan di Woody Allen.

In questo stesso 1979 l’antica e nobile famiglia degli Antinori raccoglie le uve per la quinta edizione del Tignanello, nato nel 1971 ma non prodotto nelle annate 72, 73, 74 e 76. Dire Antinori, nome consacrato al vino fin dal 1385, è come evocare la storia del vino mondiale. Degustare un Tignanello 1979 significa entrare nell’onirica voluttà del mito, ritrovare nel calice l’identità di un territorio, il genio di Giacomo Tachis, l’intellignza di Piero Antinori.

Il vino che ha tirato la volata alla rinascita del Chiantishire - sostanzialmente rimasto immutato nella sua formula dal 1975: Sangiovese pennellato da un goccio di Cabernet Sauvignon e un pizzico di Franc - si è dimostrato ancora pronto a rivelarci il suo carattere, la sua profonda complessità, la sua classe tetragona.

È vestito con un affascinante abito rosso granato di particolare trasparenza, che sfoggia con orgoglio luminosi bagliori aranciati. Sontuoso e suadente nel dispiegare lo spettro olfattivo, propone accenti di rovere antico, legno di sagrestia, tabacco da pipa e pelle conciata che anticipano suggestioni di rosa canina essiccata e ciliegie in confettura, su uno sfondo pervaso di goudron e curiosi sentori di massicciata ferroviaria. Avvolge il palato in un abbraccio morbido e carezzevole, sostenuto da tannini (incredibilmente) ancora decisi e perfettamente modulati. Ci lascia con lo charme di un aristocratico signore, compassato ma sicuro di sé. Ben lontano dall’età del riposo.

 

Antinori

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