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Il club dei cento nani
Pubblicato il 24/02/2012
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Lo scorso week end si è ripetuto il rito periodico dei “vino-veristi” o piccoli vignaioli, o naturisti (cosa contano le etichette?) e questa volta era a Roma, a due passi da San Pietro. Altre volte li ho incontrati a Cerea, Fornovo sul Taro, Agazzano, Levizzano ed ogni volta quel clima di rimpatriata di vecchie facce tra produttori e “addetti ai lavori”. Insomma, è un circo itinerante. Si riuniscono e si fanno conoscere e assaggiare in un hotel oppure un padiglione o un centro fiere. Artigiani di vino e birra e olio e certe volte formaggi e salumi. Produzioni da pochi ettari e volumi ridotti: un centinaio di “nani” nello scenario mondiale. Quasi sempre colui o colei che ti riempie il bicchiere da dietro il tavolo è lo stesso produttore. Assaggi e guardi negli occhi l’autore. A volte viene spontaneo rivolgere domande sulla filosofia produttiva oppure l’annata, altre si sta semplicemente in silenzio. L’assaggio parla.

Alcuni propongono varie annate, altri solo l’ultima vendemmia disponibile. Può capitare che chiacchierando, col solo canone della simpatia e dell’affinità, qualcuno di loro estragga da sotto il tavolo una bottiglia speciale. Una riserva antica, una magnum, un esperimento. Bottiglie che portano con sé per condividerne l’assaggio solo con alcuni, selezionati, appassionati. Sorprese di questo tipo mi entusiasmano: sono l’imprevedibile colpo di teatro che nell’arte, come nel vino che ne è spesso parente, segnano il confine fra la convenzione e l’emozione.

Non uso casualmente la parola emozione. Per me è la cifra distintiva di questi eventi. Cerco la vibrazione e la diversità e in questi luoghi le trovo sempre. Non vuol dire che tutto ciò che assaggio sia indimenticabile, ma di certo una buona parte delle mie scoperte viene da questi incontri, governati dal caso o da un consiglio che qualche amico mi ha passato. “Prova quello”, oppure “devi parlare con quello” preludono spesso ad una nuova promessa. Che sia vino o altro oppure un semplice sguardo schietto poco importa. Gli occhi raccontano storie al pari del bicchiere, che portino il fresco vento della Valtellina oppure i refoli del suolo crudo del Carso, l’aroma del tufo campano o le olive e le mandorle di Sicilia, troveranno sempre in me un sorriso accogliente. Fino alla prossima stazione del circo dei cento, magici nani.

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