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C’è Bricco e bricco…
Pubblicato il 06/05/2016
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Quando Juliette Colbert arrivò in Piemonte dalla Vandea infiammata dalla guerra civile anti-giacobina, per congiungersi al suo novello sposo, il marchese Carlo Tancredi Falletti di Barolo, probabilmente non immaginava che sui suoi possedimenti in Langa sarebbero un giorno sorte alcune fra le più importanti aziende vitivinicole del Paese.

È il caso della cantina Cavallotto che ha sede sull'antico Monte della Guardia, una collina ereditata da Giuseppe Boschis, il curatore dei vigneti della marchesa.

Il Bricco Boschis è oggi noto per essere il cru più importante di Castiglione Falletto, terroir langarolo fra i più interessanti e coinvolgenti.

Castiglione Falletto è infatti il trait d'union fra i terreni dell'Elveziano (o Langhiano) e quelli del Tortoniano, in grado cioè, forse anche più di Monforte, di riuscire a unire l'eleganza dell'uno con la grassezza e l'opulenza dell'altro. Una buona parte dei terreni qui è formata dalle famose marne blu delle Langhe che conferiscono una mineralità profonda e pungente al Nebbiolo; le sabbie del Tortoniano però vi si insinuano, stratificandosi, e danno alle colline di Castiglione Falletto un'impronta assolutamente originale e riconoscibile.

Il Nebbiolo qui tende ad esprimersi con tannini vigorosi, Ph basso e acidità importanti, doti che lo rendono perfetto per un lungo invecchiamento.

L'azienda Cavallotto, oggi saldamente nelle mani dei fratelli Alfio, Giuseppe e Laura, si pone come interprete di questo territorio straordinario, nell'assoluto rispetto delle antiche tradizioni e dello stile classico del Barolo. Queste le parole di Giuseppe, enologo dell'azienda insieme ad Alfio, rilasciate per Bibenda durante il Vinitaly.

Piccola premessa, ai Cavallotto non interessa lo scontro fra Barolo “tradizionale” e Barolo “moderno”:

Ognuno ha la sua filosofia - ci tiene a sottolineare Giuseppe - noi non abbiamo mai cambiato modo di fare per ragioni tecniche: il Nebbiolo è un vitigno sensibile e se uno usa dei legni non indicati rischia di rovinarlo. Se i legni sono troppo giovani, ad esempio, possono dare più tannino e rendere sgradevole un vino che ne ha già tanto; oppure ci sono legni che aumentano l'ossidazione e quindi la maturazione del vino troppo in fretta, pregiudicandone la serbevolezza.

I nostri vini hanno lo svantaggio di non essere bevibili giovani e hanno bisogno di maturare tanto tempo in bottiglia. Ma per noi è questa la cosa più importante, che il vino sia longevo.


Come si ottiene un vino in grado di invecchiare a lungo?

 Il vino non va mai forzato. Dalla maturazione dell'uva, alla sua fermentazione e fino all'affinamento in bottiglia bisogna rispettare i suoi tempi, senza fretta. Accelerando questi processi i vini potranno essere subito gradevoli, fruttati e poco aggressivi, ma perderanno di complessità in breve tempo.


La domanda allora sorge spontanea: perché avere fretta? Cosa spinge un produttore a esasperare i profumi fruttati e l'immediatezza di un vino da Nebbiolo?

Sono scelte personali, anche dettate da ragioni commerciali: negli Stati Uniti per esempio vanno molto i vini fruttati e colorati, ma poveri di tannino e acidità. C'è chi punta a ricoprire quella fascia di mercato. Noi, come anche altri produttori classici, abbiamo cercato di vedere oltre. Vogliamo fare un vino che trasmetta le caratteristiche dei singoli cru delle nostre zone e per questo non ci interessa un mercato specifico, non ci basiamo sulle abitudini del consumatore o sul suo luogo di provenienza. Il nostro mercato di riferimento è quello degli appassionati, qualunque essi siano e dovunque essi siano.


E la competizione fra produttori che fine fa?

In Langa ci sono tanti produttori, ma la nostra è una competizione sulla qualità. Noi siamo stati i primi a non usare più gli erbicidi e alla fine gli altri ci hanno seguito dopo aver visto i risultati. Questo per dire che ci può essere competizione, ma c'è anche curiosità e voglia di collaborare.

In azienda abbiamo una stazione meteorologica che ci aiuta a stabilire il periodo migliore per la vendemmia e condividiamo le nostre campionature degli acini con il Consorzio, in modo che possano usufruirne tutti.


Una stazione meteorologica nei vigneti ma anche diverse collaborazioni col mondo accademico, quanto è importante per voi tutto questo?

Moltissimo. Dal 1975 siamo amici del Prof. Renato Corino dell'Università di Asti, che ci ha indirizzato verso la conduzione biologica dei vigneti. Siamo stati fra i primi a non usare più alcun tipo di prodotto chimico e da circa 5 anni ci possiamo definire biologici, infatti finalmente con i vini del 2015 avremo la certificazione in etichetta.

Abbiamo collaborato anche con l'Università di Torino, reintroducendo nei vigneti le coccinelle e altri insetti utili che erano completamente scomparsi per colpa degli insetticidi. È importante invece mantenere l'equilibrio, perché questi insetti ci aiutano contro i parassiti della vite.

A questo proposito è ancora una volta fondamentale l'uso della nostra stazione meteorologica, perché ci permette di capire quando fare i trattamenti senza ricorrere alla chimica. Noi contro l'oidio ormai usiamo solo zolfo di cava siciliano e contro la peronospora, invece del solfato di rame, ci avvaliamo di un semplice mix di acqua ed estratti di erbe.

Infatti anche se ne è consentito l'uso a piccole dosi, il rame tende a depositarsi in profondità, sterilizzando il terreno e uccidendo i microrganismi che invece sono fondamentali per la sua vitalità.


È quello che si definirebbe un ritorno alle origini...

Per noi si tratta di fare ciò che si è sempre fatto in passato: lavoriamo su terreni già collaudati, dove si coltiva la vite da tempo, e in cantina cerchiamo di rispettare ciò che il territorio ci dà.  A noi interessa difendere questo territorio, noi stessi e chi lavora per noi. I prodotti chimici che venivano usati una volta erano pericolosi, ma non si sapeva; oggi è cambiata la percezione e con le regole europee bisogna fare grandi investimenti per tutelare i lavoratori, se si vogliono continuare ad usare i vecchi trattamenti. Lei capisce, noi abbiamo casa al centro del vigneto, quello che usiamo fuori entra anche dentro casa nostra, scegliere di essere biologici è una scelta dettata dal buon senso, che aiuta tutti. Sono queste le innovazioni che ci interessano.


Al Vinitaly abbiamo assaggiato tutta la produzione aziendale, fra cui alcuni campioni da botte.

Entusiasmante a dir poco è stato l'assaggio del Barolo Bricco Boschis Riserva Vigna San Giuseppe 2010 che nel bicchiere si presenta con un'affascinante veste granato. I profumi sono quelli che ti aspetti dai vini di Cavallotto, marcatamente territoriali, di grande verticalità minerale: c'è la grafite, ma c'è anche la salsedine. Quasi sembra di poterle toccare, quelle marne e quelle sabbie tipiche di Castiglione Falletto.

Si va in profondità e poi, lentamente, si torna in superficie, respirando la terra bagnata, l'odore di humus e di radici. China, rabarbaro, ma anche violetta e piccoli frutti rossi comunque non mancano e vivacizzano un naso di austera eleganza, finemente speziato con note di cardamomo. Con queste premesse il sorso non può essere da meno: bocca di grande spessore e raffinatezza, sferzata da una viva freschezza e con una trama tannica fittissima, avvolgente, setosa. La lunga persistenza sapida ci accompagna verso un durevole finale floreale e di erbe aromatiche balsamiche, lasciando una bocca pulita e fresca. Al momento dell'assaggio ha ancora qualche mese di bottiglia da fare per raggiungere la perfetta integrazione delle sue componenti, ma si dimostra già un fuoriclasse che promette di resistere stoicamente all'incedere del tempo. 5 anni in botte grande. Petto di piccione in civet.


Cavallotto Tenuta Bricco Boschis  
Via Alba-Monforte, 48
12060 Castiglione Falletto CN   
Tel. 0173 62814
info@cavallotto.com
www.cavallotto.com

 

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