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F Come Fernet
Pubblicato il 23/10/2015
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Ultimi giorni per visitare l’Expo Milano 2015, la prima incentrata sulla storia dei consumi alimentari, con particolare riguardo al loro background culturale, ma anche all’evoluzione che la moderna tecnologia e i mercati globali comportano. Agli appassionati della “Milano da bere” suggeriamo, quale interessante digressione complementare, la visita allo stabilimento-museo del milanesissimo Fernet Branca nella storica sede alla Bovisa, oggi quartiere residenziale inglobato dall’espansione urbana, ma storicamente sviluppatosi come periferia industriale a ridosso delle ferrovie nord. In Metro (linea gialla M3) sono sette fermate dal Duomo; ma per chi ama le passeggiate, un punto di partenza ideale potrebbe essere la Torre Branca al Parco Sempione, slanciata guglia di tubi Dalmine alta 108 metri, eretta come Torre Littoria da Gio Ponti (l’architetto del Pirellone) nel 1933, in occasione della Triennale di Milano. Reintitolata nel 1985 alla famiglia Branca sponsor di un accurato restauro, è oggi nota come sede del locale vip Just Cavalli. A una ventina di minuti di cammino dalla torre si trova lo stabilimento di via Resegone (toponimo di sapore manzoniano), inaugurato nel 1910, classico esempio di architettura industriale dell’epoca, con tanto di ciminiera e facciata piuttosto imponente, articolata in un corpo centrale con due ali scandite da lesene. Chiude la prospettiva l’insegna verticale a caratteri giganti “Fernet Branca”, in puro stile Novecento. L’intera fase produttiva avviene ancora qui, fatta eccezione per la distillazione dell’alcol, decentrata per ragioni di sicurezza. Niccolò Branca, attuale titolare e rappresentante della quinta generazione, ha gradualmente affiancato alla ditta di famiglia una serie di brand storici della liquoristica tricolore, quali la Carpano di Torino, produttrice del Vermut Carpano e del Punt e Mes, la Grappa Candolini, e il celebre Caffè Borghetti. Dal civico 2 della via si accede alla Collezione Branca, aperta su richiesta per visite guidate a numero chiuso, di grande interesse non soltanto per il vasto campionario di alambicchi, macchinari d’epoca e strumenti tecnici vari, ma anche per i cimeli di ogni genere, tra cui spiccano una nutrita serie di cartelloni pubblicitari di celebri illustratori e un’ampia documentazione fotografica che restituiscono intatto il sapore pionieristico di un’epoca in cui il made in Italy, all’indomani dell’unità nazionale, già muoveva alla conquista del mondo.

La Collezione, di primaria importanza fra i 56 musei d’impresa italiani, accoglie ogni anno circa 4500 visitatori, sia privati che provenienti da scuole e università. La sala più vasta del percorso accoglie la Botte Madre, considerata la più grande d’Europa, 84.000 litri di capacità, con 6 metri di diametro, dal 1910 mai più svuotata per intero dal Brandy Stravecchio al quale è destinata. La storia del Fernet Branca ha inizio a metà Ottocento col capostipite Bernardino Branca, che esercitava la sua professione di “spezièe”, ovverosia speziario, a Pallanza, sul lago Maggiore, località di cure termali e di villeggiatura. Il liquore ricostituente da lui messo a punto sfruttava le benefiche virtù digestive ed antisettiche di ben 27 tra spezie ed erbe officinali, tra cui radici di genziana, cannella, rabarbaro, china, aloe, zedonia, galanga, brionia,scorze di agrumi, zafferano e, assai particolare, la mirra, dilatante naturale del piloro. Nel 1854, quando un’epidemia di colera miete vittime in tutta Europa, oltre un migliaio dei quali nella sola Milano, Bernardino Branca coglie la palla al balzo, e decide di propagandare come anticolerico il proprio elisir, dapprima aprendo una bottega liquoristica ai bastioni di Porta Nuova, per poi trasferirsi, incoraggiato dal successo, nella sede attuale, iniziando la produzione su vasta scala. Oggi come ieri, la macerazione alcolica di spezie, bulbi, radici e piante officinali è condotta separatamente per ogni ingrediente, ciascuno dei quali è sottoposto a specifica modalità estrattiva. Filtrati e assemblati in unico elisir previa aggiunta ulteriore di alcol di vino, zucchero e caramello, gli alcolati maturano infine per un anno in grandi botti di rovere di Slavonia, collocate nelle immense cantine sotterranee dello stabilimento. La ricetta originale, condivisa dal proprietario e da un ristrettissimo numero di dipendenti fidati, viene scrupolosamente rispettata. Sono noti gli ingredienti, ma non i dosaggi. E non è da escludere qualche ingrediente segreto, considerando che la prima pesata delle spezie più connotanti viene eseguita unicamente dal proprietario, nel chiuso di una stanza dai vetri oscurati. “Il Fernet- viene precisato- è un infuso, della famiglia delle chine e degli amari in genere, e non un distillato, come il cognac o la grappa”. A inizi Novecento, dall’opificio di Via Resegone uscivano diversi prodotti liquoristici, tanto da mantenere, nell’organico di oltre 300 operai, una apposita squadra di maestri d’ascia incaricati di sorvegliare le ottocento grandi botti collocate nelle cantine. Nel primo dopoguerra il Fernet varca l’oceano e approda in Argentina, dove ancora oggi è celebrato come una sorta di liquore nazionale, assoluto o miscelato (Fernet e Coca, ovvero “El Fernandito” è la bevanda preferita dai giovani argentini). Nel 1925 la ditta Hofer & Cia. di Buenos Aires viene autorizzata non solo alla vendita del Fernet Branca, ma anche alla produzione su licenza, utilizzando i concentrati inviati da Milano. E’ curioso pensare che per tutto il periodo del proibizionismo Usa e fino agli anni Quaranta canale privilegiato di vendita erano farmacie e apoteche, che sotto prescrizione medica raccomandavano il prodotto per uso stomachico, giovevole a una serie di patologie assai diffuse, come infezioni intestinali e febbri malariche. Nonostante i numerosi tentativi di imitazione, la famiglia Branca ha sempre mantenuto saldamente la leadership del prodotto, coperto da formula segreta. Nel 1895, per celebrarne il successo e la distribuzione mondiale, il cartellonista triestino Leopoldo Metlicovitz studia un marchio di grande efficacia, un’aquila ad ali spiegate, simbolo di forza e di potere, abbrancante nei poderosi artigli una bottiglia di Fernet in cima al globo terrestre, fasciato dalla scritta “Fernet –Branca”in bianco su fondo rosso. L'origine del nome permane incerta: Fernet sarebbe, secondo alcuni, renderebbe omaggio a un medico ed erborista svedese di questo nome, già collaboratore di Bernardino Branca, purtroppo quasi sconosciuto se non per la firma autografa su alcune ricette. Altri fanno derivare Fernet dal milanese "fer net", ossia ferro pulito, con riferimento alla lucentezza della piastra metallica arroventata utilizzata per estrarre i principi attivi di spezie e piante medicinali, oppure alla linfa dell’Aloe Ferox, che cristallizzando sulle attrezzature metalliche oggi esposte nel museo le ricopriva di una patina brillante. Nella Milano “swinging-da bere” degli anni Sessanta-Settanta, Fernet Branca è protagonista di un fortunato Carosello firmato dall'artista e designer giapponese Fusako Yusaki, classe 1937, maga della plastilina animata. Nello stesso periodo nasce il Brancamenta, prediletto da estimatori come Maria Callas, che apprezzava le virtù antisettiche e balsamiche della menta, benefiche per le corde vocali. Collezione visitabile lunedì, mercoledì e venerdì, con itinerario guidato alle 10.00 e alle 15.00, unicamente su prenotazione o invito.

Info:
Tel. 02 8513970 - collezione@branca.it
 

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