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Le lacrime del vino
Pubblicato il 15/03/2013
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No, non intendo riferirmi agli archetti che si formano nel calice per il cosiddetto “effetto Marangoni”, croce e delizia degli allievi del primo livello di un corso per sommelier. Le lacrime del titolo sono quelle che scaturiscono dalle grandi emozioni delle quali il vino è motore inesauribile. Penso, ad esempio, al recente Bibenda Day. Mi sembra di percepire ancora l’atmosfera fitta di ansia, preoccupazione, attesa che coinvolgeva tutti noi: sentimenti che trascinavano allo stesso modo relatori e pubblico, sommelier e assistenti. Donne e uomini che, almeno in gran parte, dovrebbero aver “fatto il callo” a determinate situazioni e a certi palcoscenici e, soprattutto, dovrebbero esser divenuti ormai esperti consumati nell’arte di comunicare il vino: eppure, eravamo tutti in fervente trepidazione come giovani studentelli alle prese con un’interrogazione che decide del loro futuro. Negli occhi, sui volti, nelle camminate nervose su e giù per la sala, ovunque appariva tangibile un coinvolgimento totale. Poi le parole, le frasi mai di circostanza e mai buttate lì a caso. Discorsi che rappresentavano nel modo più bello l’amore per ciò di cui si parlava e certamente non celavano una commozione sincera; quella che esalta e sostanzia la storia di donne e uomini che hanno creato tanti piccoli capolavori sopravvissuti ai loro artefici, ma la cui memoria hanno reso immortale. Una memoria che rivive nitida ogniqualvolta si ha la fortuna di tornare a godere delle loro opere d’arte, accompagnati o guidati, se preferite, da chi con tanta forza si dedica a raccontarle.

Il vino è un essere vivente. Amo immaginare l’anno in cui sono cresciute le uve di un vino. Se c’era un bel sole, se pioveva. E amo immaginare le persone che hanno curato e vendemmiato quelle uve. E se è un vino d’annata, penso a quante di loro sono morte. Mi piace che il vino continui a evolversi. Che se apro una bottiglia oggi avrà un gusto diverso da quello che avrebbe se l’aprissi un altro giorno. Perché una bottiglia di vino è un qualcosa che ha vita. (dal film Sideways - In viaggio con Jack)

Anche questo è il miracolo del nettare di Bacco. Il vino non è mai solo una bevanda da descrivere, per quanto possa essere eccezionale la sua qualità. È qualcosa di vivo che continuamente si rigenera, è un coacervo di sentimenti, ricordi, esperienze, è espressione del genius loci e del genius hominis. È storia, tradizione e cultura. Al di là del suo aspetto, dei suoi conturbanti profumi, del suo gusto meraviglioso, il vino sa essere testimonianza e insieme veicolo eccezionale del talento di tantissimi esseri umani capaci di lasciare un segno tangibile del proprio operato. Chi parla del vino, chi cerca di comunicarlo con passione e competenza, con serietà e professionalità, non può essere esente da questo coinvolgimento, “deve” sapersi emozionare, anche dopo anni e anni di onorato servizio. Perché un vino di qualità non può mai essere routine, e mai può esserlo la sua comunicazione. Se così fosse, tanto varrebbe parlare di succhi di frutta. Con tutto il rispetto per la frutta.

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