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Vino e abbacchio
Pubblicato il 25/04/2014
Fotografia

A feste concluse possiamo affermare che il ruolo dell’ambiente metropolitano, con la sua innata propensione al cambiamento, la proliferazione degli stimoli e la dinamica delle apparenze non ha demotivato i romani a consumare, rendendo omaggio al rito della Santa Pasqua, il suo piatto d’eccellenza: l’Abbacchio. D’altronde come scriveva il poeta ingegnere Leonardo Sinisgalli “Il romano di Roma è nato per vendere abbacchi, per coltivare carciofi, per spegnere moccioli nelle chiese”. Senza entrare nel merito della descrizione, la costatazione è che nella Penisola pochi sono gli abbacchi superiori a quelli romani. L’abbacchio, voce dialettale che sta a designare l’agnello da latte non ancora svezzato, è sostantivo che deriva almeno concettualmente dal termine agnello, aghnos in greco antico, che significa casto. La tradizione religioso-culinaria quindi ha ancora una volta superato le mode filo vegetariane del momento, e i gourmet si sono affrettati a celebrare la Pasqua con l’abbacchio, probabilmente ricordando l’ammonimento dello storico gastronomo Pellegrino Artusi sulla carne tanto gustosa: “L’agnello comincia ad essere buono in dicembre, e per Pasqua o è cominciata o sta per cominciare la sua decadenza”.

L’agnello a Pasqua è servito a spezzatino, in fricassea, forse meno alla cacciatora, e per lo più a scottadito o nella gustosa seppur semplice variante del cosciotto al forno, accompagnato categoricamente da vini raffinati ma “virili”. Restando sull’abbinamento regionale, ai solidi rossi del Lazio preferiamo su tanta delizia un taglio bordolese che di fatto ha in comune con i vini d’Oltralpe poco più che il nome, lo storico Fiorano Rosso, che nasce alle porte di Roma, e rinato grazie alle attenzioni di Alessandrojacopo Boncompagni Ludovisi (nella foto).

Fiorano Rosso 2008 Tenuta di Fiorano
Rosso Vdt - Cabernet Sauvignon 60%, Merlot 40% - 13,5% - € 45

Veste rubino intenso e cristallino e naso incantevole dove convoglia aromi purissimi di frutti selvatici, primarie note fougère di lavanda e felce, accompagnate da nobili sensazioni vegetali per un bouquet che come scriveva Gino Veronelli “si prolunga e fait la queue de paon”, regalando ricordi di macchia marina e splendidi soffi balsamici. Il sorso è raffinato e perfettamente equilibrato, il nitore aromatico è ben rispondente ed esalta un tannino di finissima trama estrattiva. Lo sviluppo gustativo fatica ad esaurirsi, con una persistenza da campione di razza. Vinificato in vasche di acciaio inox, maturato in botti di Slavonia da 10 ettolitri.

Tenuta di Fiorano
Via Fioranello, 19-31 - Appia Antica
00134 Roma 
Tel. 0679340093
www.tenutadifiorano.it
info@tenutadifiorano.it

 

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