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Sommelier in Viaggio: Borgogna
Pubblicato il 27/05/2016
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Terza e ultima tappa della nostra passeggiata virtuale attraverso la Borgogna, guidati con passione e professionalità dal nostro Paolo Lauciani, che ha reso davvero emozionante questo percorso.

Nell’ultimo incontro Chardonnay e Pinot Noir si sono ricongiunti in sei espressioni che rappresentano l’eccellenza dei territori già incontrati, attraverso i loro Premier Cru e Grand Cru.

Il Grand Cru, infatti, rappresenta la qualità potenziale di uno specifico sito, che diventa effettiva quando un produttore realizza un vino con uve provenienti da quel vigneto. I fattori distintivi di un Grand Cru sono struttura e composizione del suolo e del sottosuolo, drenaggio, esposizione, pendenza, microclima ed esperienza di generazioni.

La nostra degustazione è iniziata con due vini bianchi espressioni di due mineralità differenti, tipiche dei territori dai quali provengono. Siamo partiti da nord, con uno dei sette climats Grand Cru di Chablis: il Valmur, situato, accanto agli altri, in un versante collinare esposto a sud/sud ovest.


Chablis Valmur Grand Cru 2013 – Domaine Moreau-Naudet

Il colore mantiene vivi riflessi oro-verde tipici di vini provenienti da queste latitudini. Il naso è fortemente segnato dall’impronta marina caratteristica di Valmur, una ventata minerale che sa di sale, di scoglio, di alga, accompagnata da pennellate di susina dolce, pesca, fiori bianchi, erbe aromatiche e sensazioni agrumate che ricordano la clementina. All’assaggio emerge la “terza dimensione”: il volume del vino, che possiede un bagaglio di acidità vibrante, ben tenuta a freno da una pienezza glicerica di grande piacevolezza gustativa. È un vino gustoso, giocato sull’alternanza tra sfericità del volume e sferzante frustata fresco-sapida, dotato di una lunghissima persistenza in cui si susseguono ritorni di frutta dolce e di agrume, sensazioni balsamiche e note salate.

Abbiamo lasciato Chablis per recarci a Puligny-Montrachet, a fare nuovamente visita al Domaine di Jean-Louis Chavy per degustare il suo Puligny Montrachet Premier Cru “Les Folatières” 2013.

Les Folatières è uno dei Premier Cru più famosi di Puligny-Montrachet e occupa una posizione centrale a metà pendio, su terreni calcarei, molto gessosi e sassosi.


Puligny-Montrachet Premier Cru Les Folatières 2014 – Domaine Jean-Louis Chavy

La veste cromatica è intessuta di chiare nuance oro-verde. Al naso ricorda la pietra focaia e il gesso, accompagnati da note verdi di erbe aromatiche fresche, sensazioni fruttate di albicocca e nespola, pennellate di vaniglia e pepe bianco. Sul finale accenni balsamici, menta fresca e muschio bianco. In bocca riscontriamo una componente sapida incredibile, con ritorni agrumati e speziati. Finale disteso, con una leggera sfumatura di vaniglia che emerge nel lungo finale.

Abbiamo proseguito il nostro percorso passando nuovamente per i vigneti di Gevrey-Chambertin con il “Premier Cru Lavaux St. Jacques 2014” del Domaine Tortochot e lo “Charmes-Chambertin Grand Cru 2010” del Domaine Stéphane Magnien, per poi tornare a Nuits St. Georges con il “Premier Cru Les Saint Georges 2014” del Domaine Chévillon-Chezeaux e arrivare, infine, a Morey-Saint-Denis con il “Clos De La Roche Grand Cru 2009” del Domaine Oliver Guyot.

Morey-Saint-Denis costituisce una sorta di ponte tra Gevrey-Chambertin e Chambolle-Musigny e possiede una straordinaria eterogeneità strutturale dei terreni, che dà vita a cinque Grands Crus profondamente diversi tra loro. In questo luogo la collocazione dei vigneti è didattica: la media collina è occupata dai Grands Crus che sovrastano i Premiers Crus e i villages.
Il Clos De La Roche non è più un Clos nel significato reale del termine, poiché i muri che circondavano il cuore storico del climat non esistono più. Ha un’estensione di 16,84 ha su un terreno fortemente calcareo e roccioso. La roccia, che affiora ovunque, gli ha regalato il nome ed è stata sempre croce e delizia dei vignerons proprietari di parcelle in questo Grand Cru: da un lato usura rapidamente le attrezzature agricole, dall’altro consente alla vite di affondare le sue radici nel substrato del giurassico medio, ideale per il Pinot Noir.

Oliver Guyot appartiene a una famiglia di viticultori di Marsannay risalente al 1500. Il suo domaine si estende per 15 ha suddivisi in 55 parcelle. Dal 1988 la produzione si ispira all’agricoltura biodinamica: Guyot è stato tra i primi a utilizzare il cavallo per riportare tra i vigneti i tradizionali metodi à l’ancienne.


Clos de La Roche Grand Cru 2009 – Domaine Oliver Guyot

Colore granato sottile luminoso. Il naso è motivo di una profonda riflessione: esprime un turbinio di fiori secchi, spezie, erbe aromatiche essiccate e frutta matura. E ancora tisana di montagna, essenza di liquirizia, foglia di tè, legni aromatici, cuoio, scorza d’arancia rossa disidratata e, in sottofondo, pennellate di ruggine, ceralacca e incenso. In bocca rappresenta la quintessenza della corrispondenza gusto-olfattiva. Ritorna tutto quello che avevamo percepito al naso, lentamente e precisamente, con eleganza e persistenza straordinarie. Un nettare che sigilla egregiamente un percorso affascinante che ha saputo regalarci emozioni profonde, che resteranno indelebili nei nostri cuori, esattamente come questo vino.

 

 

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