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C come cartellate
Pubblicato il 14/06/2013
Fotografia

“Castaggnèdde e Carteddàte / La Madònne l’ha creiàte / L’ha creiàte m-Baravìse / P’u Natàle d’e Barìse”.

Di rigore a Natale e nelle festività solenni, le Cartellate sono dolci sacrali della tradizione pugliese, diffusi un po’ ovunque nella regione Puglia, ma anche  in Calabria e Basilicata, ove prendono i nomi di Rose o Crespelle. Assieme a Sasanelli, Mostaccioli e Calzoncelli (Mustazzul e Cavciuncidde), fanno parte della vasta famiglia di dolci tipici che prevedono l’uso del Vincotto o del Mosto cotto di fichi. Ad Alberobello si chiamano Cartddêt, che a Martina Franca, nel raggio di una decina di chilometri, si tramuta in Carteddète e ancora in ’Ncarteddète in quel di Locorotondo;  a Mattinata e Vieste, sul Gargano, le Cartellate prendono il nome di Chelustre, ma già a Manfredonia sono note come Cartilléte, che a Bitonto e Bari Palese diventa Carteddèute e Karteddóte a Ruvo,  mentre a Grotte di Castellana Scartagghjòte e addirittura, a San Ferdinando di Puglia, Frínzele. L’immagine comune suscitata dai vari fonemi è comunque quella di un impasto fritto arricciato come una trina, a più scomparti, evocativo di un contenitore multiplo connesso a uso rituale. Su tale ipotesi colta convergono i due eminenti studiosi locali Giacomo Saracino (autore, nel 1957, di un «Lessico Dialettale Bitontino») e  Tommaso Nobile, al quale si deve un più recente «Dizionario del Dialetto Ostunese»: per entrambi, l’etimologia discende dal greco K?ρταλλος (kartallos), letteralmente cestello o paniere intrecciato, a somiglianza di quanto si vede  in una pittura rupestre presso Bari risalente al VI secolo a. C. raffigurante una “lanx satura”, copiosa offerta a divinità dei raccolti come Cerere e Demetra. A tali riti propiziatori pagani si sarebbe poi sovrapposta la tradizione popolare cristiana, che ha avuto buon gioco a identificare le Cartellate con duplice simbologia, natalizia ( le fasce a trina del Bambino Gesù) e quaresimale (la corona di spine del Salvatore). A San Severo le Cartellate sono note come Nuvole (localmente, Nèvele), sinonimo antico e illustre, citato in un resoconto del banchetto nuziale di Bona Sforza, figlia d'Isabella d'Aragona (1517) come pure in un documento del 1762 relativo alle suore benedettine di un convento di Bari. Si parte da un impasto di farina di grano tenero (anche se alcuni puristi non derogano dal tradizionale grano duro rimacinato) con olio e vino bianco, lavorando sino a ottenere una sfoglia sottile ed elastica. Con l’apposita rotella se ne ricavano tanti nastri dentellati alti due, tre centimetri, da avvolgere su sé stessi  pizzicando ogni tanto a chiudere e avvolgendo infine a spirale, sino a formare una coreografica rosa. Friggere in abbondante olio fino a leggera coloritura e scolare bene. Una volta freddate, le Cartellate si conservano a lungo, pronte all’uso come basi per dessert veloci, ad esempio irrorandole con un filo di miele millefiori e cospargendo di mandorle a scaglie. Ma chi vuol rispettare in pieno la tradizione regionale, si procuri il Vincotto, ottenuto concentrando a fuoco diretto il mosto altamente zuccherino di uve Negroamaro e Malvasia Nera, o in alternativa (ma qui la preparazione avviene solo a livello familiare) il succo e la polpa dei fichi settembrini più dolci e maturi (per un litro di condimento dolcissimo e sciropposo, occorrono almeno 15 kg di frutti). Cannella, scaglie di cioccolato e confettini colorati sono optional che ciascuno ha facoltà di aggiungere a piacere. Abbinamento superlativo col Dolcenero, Primitivo inarrivabile per personalità e concentrazione, da venerande vigne ad alberello, sedici e mezzo di tenore alcolico più tre di zuccheri non fermentati, frutto del sodalizio salentino di Dario Cavallo e Bruno de Conciliis in tandem con gli enologi Petrilli e Schifone.

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