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Finalmente Sommelier!
Pubblicato il 23/03/2012
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Finalmente una vacanza dopo mesi e mesi. Mai un giorno libero, alle volte neanche durante i weekend in giro per l’Italia.

Come i marinai hanno una donna in ogni porto, io ho la mia trattoria preferita in ogni città, che scelgo anche grazie all’aiuto della mia guida Gambero Rozzo.

Alle buone maniere, guanti bianchi e convenevoli, preferisco la schietta accoglienza del proprietario, meglio ancora se mi accoglie con una canotta sporca di sugo ed i tavoli apparecchiati con tovaglie a scacchi bianche e rosse, le sedie con la paglia e dove il vino è quello della casa, solo quello della casa. E guai a domandargli che vino è, ti guarda come se scendessi dalla luna e ti ripete scocciato. “È della casa”. “Beh, ok, allora prendo quello”.

Le trattorie con lo scampanellio alla porta e con appesi vecchi quadri di ambienti rupestri e situazioni goderecce, vecchi arnesi da lavoro, vecchie stoviglie e un forte profumo di cucina casareccia, quella che poi ti riporti la sera a casa quando ti togli i vestiti che sanno ancora di caminetto e misto carne. Le trattorie dove tu non sei parte attiva ma è il proprietario che sceglie quello che devi mangiare, o meglio quello che ha cucinato la moglie quella sera. Quelle dove in inverno il padrone ha sempre una camicia a scacchi di flanella e pantaloni di velluto marroni a coste larghe. Le trattorie che trovi per caso o come si usa dire, un po’ fuori mano, dove se trovi sullo spiazzale vari camion in sosta, allora vuol dire che si mangia bene e si spende poco. Le trattorie dove i contorni di patate sono solo al forno e che dopo una certa ora finiscono irrimediabilmente. Dove la cicoria è solamente ripassata e se gliela domandi con poco aglio, allora ti risponde che l’ospedale sta poco più avanti. Dove la carne sta ancora attaccata al grasso e dove il grasso sta ancora attaccato alla mucca, dove l’invenzione del filetto, insomma, ancora non è arrivata. Le trattorie nelle quali andati via i clienti abituali, il padrone si siede al tuo tavolo e si versa un bicchiere di vino e poco più tardi arriva la cameriera con le bottiglie di amari e limoncello che lascia lì, ovviamente offerti dalla casa. Le trattorie dove vorresti prenderci la residenza, anche perché lì il maledetto euro ancora non è arrivato.

Eppure dopo molti anni di tentennamenti per iscrivermi, ora sono addirittura un sommelier con tanto di medaglia e attestato ben in vista sulla mia cantinetta a casa.

Il vino ti cambia ogni prospettiva e visione della vita ... non nel senso che ci si potrebbe immaginare a seguito di una sbronza, però. Amare il vino è valorizzarne le qualità, è come amare molte donne insieme, ognuna con una sua speciale caratteristica. Un vino al pari di una donna può essere amabile, armonico, caldo, delicato, fresco, elegante, brioso, deciso, morbido, schietto, ma se vuoi anche acerbo, duro, nervoso, pungente, ruvido e finanche acido, vuoto o grasso.

Non ci si può fermare al primo appagante assaggio, ma si deve andare oltre, fino a cercare di raggiungere la perfezione, o meglio quella che rappresenta il massimo del compromesso tra delicatezza e determinazione. Il vino è una filosofia di vita, è tranquillità, rilassatezza, è leggerezza, è completezza.

Basti pensare che nella sua valutazione sono coinvolti tutti e cinque i sensi …

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