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Il Çimixa
Pubblicato il 09/11/2012
Fotografia

Legato all’entroterra del Genovesato, superficie territoriale che si estende intorno alla città di Genova, tra il Ponente genovese, l’area del Tigullio e la propaggine orientale della costiera del Golfo Paradiso, il Çimixa sembra far parte, già da tempi remoti, di quel ricco patrimonio genetico ligure che nel passato ha tenuto in piedi importanti scambi commerciali, favorendo il mantenimento di numerose specie coltivate in tutta la regione. Coltivato principalmente nella zona del Golfo del Tigullio, questo antico vitigno a bacca bianca ha rischiato seriamente, nel secolo scorso, l’estinzione. Il suo nome pare derivi dalle piccole punteggiature presenti sull’acino che ricordano le punture di nutrizione della cimice, nel dialetto tradizionale genovese, infatti, è comunemente chiamato çimixâ, mentre dai contadini della zona è conosciuto anche con i sinonimi di scimisciaa, scimixaa o simixaa.

Nei primi anni Sessanta, anche Luigi Veronelli ebbe modo di testarlo grazie a Marco Bacigalupo, uno dei pochi allora a possederne un vigneto, esaltandone le potenzialità. Poco conosciuto dal mercato vitivinicolo nazionale, è stato iscritto al Registro nazionale delle Varietà di vite, solo nell’ottobre 2003. Infatti, sono ancora in fase di studio le caratteristiche enologiche e l'identità ampelografica del vitigno, un lavoro avviato dal 1998 dalla Comunità montana Fontanabuona e dalla Provincia di Genova, isolando alcuni biotipi e mettendo a dimora alcune marze in tre diversi vigneti, al fine di verificarne il comportamento. In seguito, tutti i dati raccolti nel periodo che va dal 1998 al 2004, sono stati confrontati con quelli osservati presso altri vigneti posti nel comprensorio genovese, nella frazione di Zerli nel comune di Ne e nel comune di Leivi.

Testimonianze storiche affermano che il vitigno era principalmente usato per la produzione di vini a vendemmia tardiva, e difatti, i primi esperimenti e le prime vendemmie, risalenti al duemila, sono proseguiti su questa strada. Dopo accurate verifiche e microvinificazioni, invece, ci si è accorti che anche in versione secca, il Çimixa regalava dei risultati abbastanza soddisfacenti.

Le sue uve, adesso, possono anche contribuire al miglioramento di altri vitigni tipici del territorio, quali il Vermentino, la Bianchetta genovese e l’Albarola di Lavagna. L’aspetto ampelografico presenta una foglia medio-grande, pentagonale, pentalobata ed in alcuni casi trilobata. Il grappolo, nell'ambito dei rilievi eseguiti, si è riscontrato in due diverse tipologie: uno medio grosso, allungato e mediamente compatto, l’altro medio conico, compatto e con un’ala più ridotta. L’acino è generalmente rotondo, di colore giallo-verde, con la presenza, di punteggiature color ruggine, più intense nei grappoli meglio esposti al sole.

Abbiamo degustato l’unica etichetta prodotta finora da uve Çimixa in purezza, l’Antico 2010 della cantina di Chiavari della famiglia Bisson, salita alla ribalta della notorietà per aver fatto rifermentare il primo spumante Abissi, a sessanta metri sotto il livello del mare, nelle acque di Portofino.

Il vino veste di un colore paglierino dai riflessi limpidi e dorati. L’impianto olfattivo si presenta con profumi eleganti, disposto su riconoscimenti maturi, melone e susina, avvolti da sentori lievemente aromatici, fiori di biancospino e gelsomino. Chiudono nel finale, sottili note erbacee ed agrumate. La bocca è morbida ed avvolgente, stimolata da una gradevole vena sapida e percorsa da una scia fresca in giusto equilibrio. Vinificazione e maturazione in acciaio. Si abbina a piatti tipici come i pansoti di zucca o ad uno stoccafisso e bacilli (piccole fave secche).

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