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Toscano purosangue
Pubblicato il 25/05/2012
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Di questi tempi va particolarmente di moda lo slogan “vino naturale” e su tutti i dubbi che ci assillano al riguardo abbiamo già ampiamente disquisito su queste pagine virtuali. In realtà, anche il mondo del vino è assai sensibile alle mode, più o meno passeggere. Prima che vi si abbattesse con veemenza l’ondata vin-naturalistica, il motto che per tanti anni ha accompagnato le chiacchiere enosofiche è stato quello del “vitigno autoctono” quale unica uva realmente portatrice dell’essenza di territorialità e di tradizione. Altro ottuso parossismo: “territorio” significa miscela omogenea di apporti naturali e antropici susseguitisi nel tempo. Significa “genius loci”. Inoltre, a parte il fatto che l’autoctonia effettiva in ambito ampelografico è sostanzialmente inesistente, siamo poi così certi che la tradizione sia sempre apprezzabile e insostituibile? Andate un po’ a dire ai produttori bolgheresi di produrre i vini alla vecchia maniera locale, quella ante Sassicaia, per capirci…

Come continuiamo a sostenere da anni, il grande vino è “territorio in bottiglia” e le uve, quando sono scelte con intelligenza, ne sono una splendida chiave di lettura.

Il territorio imbottigliato nel Cabreo Il Borgo è quello intriso di toscanità dei vigneti di Zano, un presidio a 300 metri slm che domina Greve in Chianti, dove si coltivano circa 46 ettari di Sangiovese (70%) e Cabernet Sauvignon (30%). È qui che Ambrogio Folonari, nel 1982, ha plasmato la sua perla nera. Da principio navigando a vista, come ci ha raccontato, per acquisire progressivamente consapevolezza delle enormi potenzialità di questo vino.

“Se all’inizio non ho buttato a mare il Sangiovese, lo devo soprattutto al mio amico Franco Biondi Santi” ammette candidamente Folonari. Fortunata amicizia! Sì, perché nel Cabreo Il Borgo è proprio il Sangiovese, inizialmente domato dalla morbidezza del Cabernet, a imporsi nel tempo con il suo carattere generoso e straordinariamente coinvolgente. A tirar fuori da sé e a proporre al nostro palato tutta la territorialità di cui è sommo interprete. Simbolicamente, l’Italia che domina sulla Francia, una volta tanto!

L’annata 1988 è stata eccellente per il decorso di maturazione delle uve. Soprattutto nei vini a base Sangiovese, assai migliore della ’90, anche se questa fu maggiormente celebrata all’epoca. Il vino si presenta di un meraviglioso colore granato lucido. Regala un naso prorompente di frutta matura, rosa appassita, bacche di ginepro, eucalipto e liquirizia, su uno sfondo fitto di humus, foglie secche, fieno e tabacco bruno, con un’eco preziosa di macis e ceralacca. Travolgente l’impatto gustativo, sostenuto da tannini compatti e setosi, vivacizzato da una nitida freschezza e da una fragrante mineralità. Interminabile, sontuoso ed elegantissimo il finale. Un vino integro e pimpante, perfetto per trasportarci idealmente tra le dolci colline chiantigiane.

Gli americani hanno voluto chiamarlo Supertuscan… Mah! Noi preferiamo considerarlo un super vino, per classe e territorialità. Vi sembra poco?

Tenute Folonari
Via di Nozzole, 12 - Loc, Passo dei Pecorari
50022 Greve in Chianti (FI)
Tel. 055 859811
www.tenutefolonari.com
folonari@tenutefolonari.com
 

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