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Vino & Covid
Disfunzioni del gusto e impatto sui consumi.
Pubblicato il 14/07/2023
Considerazioni sulle disfunzioni dell'olfatto e del gusto causate dal covid 19 e del loro conseguente impatto sui consumi del vino. Il punto di vista di un pensatore illuminato, forte della sua preparazione di sommelier nell'affrontare l'argomento.
Ciascuno di noi assume alimenti sotto lo stimolo della fame, innescato da una specifica area del cervello che raccoglie le richieste dei vari distretti del nostro organismo, per ricavare l’energia e i principi nutritivi (carboidrati, proteine, grassi, vitamine e sali minerali) indispensabili al rinnovamento/funzionamento degli organi. Oltre alle ragioni nutrizionali, mangiamo anche perché… ci PIACE! Gli alimenti, infatti, procurano sensazioni di soddisfazione e benessere psicofisico, in parole povere danno piacere stimolando in noi risposte nervose più o meno intense che determinano effetti positivi sul nostro organismo. Tra i vari alimenti che giornalmente consumiamo c’è anche il vino. Questo alimento ha, come è noto, un modestissimo ruolo nutrizionale mentre, invece, gli si riconosce un apprezzato ruolo psicologico-emozionale-edonistico. Il vino, dunque, dà piacere, ma parafrasando la notissima battuta di un famoso attore romano per un alimento nervino, il vino "… si nun è bbono che piacere è!?” Ogni degustatore, professionista, amatoriale, o occasionale, valuta la bontà del prodotto che sta per consumare affidandosi alla triade sensoriale, vista, olfatto e gusto. In particolare, i sensi del gusto e dell’olfatto sono considerati “chimici” in quanto sono le sostanze chimiche a stimolare rispettivamente i ricettori presenti 1) nelle gemme/bottoni gustativi, veicolate/i dalle papille gustative distribuite in tutta la cavità orale;2)nell’epitelio olfattivo, ricoperto di peli olfattivi, presente nelle cavità nasali, grazie ai quali possiamo rilevare, identificare e distinguere con precisione gli odori dell’ambiente e, in particolare, quelli della cavità orale mediante un sistema sequenziale. Questo vede coinvolte prima le narici, in modo passivo quando respiriamo o in modo attivo quando annusiamo (via ortonasale), e poi la bocca e il nasofaringe quando mastichiamo, deglutiamo ed espiriamo (via retronasale).

Gli studi clinici/epidemiologici hanno messo in evidenza che diverse condizioni e trattamenti (lesioni cerebrali, trattamenti radioterapici anti-tumorali, esposizione a sostanze chimiche, polipi nasali o tumori seno-nasali, farmaci quali antibiotici e antidepressivi, disturbi neurologici, infezioni respiratorie virali tra cui il raffreddore, l’influenza), possono provocare la parziale riduzione o la perdita della capacità gustativa e/o olfattiva con cambiamenti nelle abitudini alimentari. Si tratta di perdite sensoriali per lo più transitorie, interessanti un limitato numero di soggetti, cui segue il ritorno alla condizione preesistente all’infezione nella maggior parte dei casi, dopo qualche giorno/settimana dalla risoluzione della malattia o interruzione del trattamento/esposizione al fattore causale. Del tutto recentemente, però, sembra che una nuova infezione virale abbia modificato alcuni aspetti delle conoscenze legate alle disfunzioni del gusto e dell’olfatto nell’uomo. Nel mese di dicembre del 2019, un focolaio di polmonite (clinicamente etichettata come sindrome respiratoria acuta grave 2 o SARS-CoV-2) causata da un nuovo virus (denominato COVID-19) si è verificato nella città di Wuhan, uno dei più importanti hub per il trasporto in Cina. La diffusione dell’agente causale è stata rapidissima finendo per interessare milioni di persone in tutto il mondo tanto da raggiungere lo stato pandemico già nei primissimi mesi del 2020. Wuhan, infatti, è sede di oltre ottanta istituti universitari frequentati da migliaia di studenti provenienti da varie parti della Cina e il suo aeroporto aveva all’epoca del focolaio voli passeggeri non-stop programmati per 113 destinazioni in 22 Paesi, oltre a 78 voli nazionali.
 
FotografiaTra i sintomi più comunemente riscontrati nei pazienti colpiti da SARS-CoV-2 ci sono le alterazioni dei sensi del gusto e/o dell’olfatto, cioè le persone colpite dall’infezione non sono in grado di percepire il sapore e/o il profumo degli alimenti, e quindi anche del vino, per un periodo di tempo che oscilla da alcuni giorni ad alcune settimane. La presentazione di tali disfunzioni è varia, andando dalla perdita totale o parziale dell'olfatto (anosmia/iposmia) e del gusto (ageusia/ipogeusia), alla percezione distorta dell’olfatto/gusto (parosmia e parageusia) e alla percezione di un odore o sapore in assenza di un reale stimolo (allucinazioni olfattive e allucinazioni gustative).
In un recente documento del ECDC (2022), l’organismo comunitario di controllo e prevenzione delle malattie infettive, la prevalenza complessiva di tali disfunzioni nei soggetti colpiti dal Covid-19 che hanno manifestato sintomi e segni clinici è stata del 50% o più (a fronte del 40 % di soggetti infettati asintomatici). Le dimensioni del fenomeno diventano chiare se le si rapportano al numero dei casi della pandemia. Limitandoci ai soli dati registrati all’inizio (anno 2020) nelle persone che si sono ammalate nei Paesi tradizionalmente produttori/consumatori di vino, risulta che gli infettati sono stati (dati WHO/OMS, organizzazione mondiale della sanità): Italia: 2.038.759; Unione Europea (i rimanenti 26 Paesi più UK): 14.911.673; Nord America (USA, Canada):19.188.287; Centro America (Messico, Panama): 1.592.904; Caraibi (Jamaica, Repubblica Dominicana): 178. 624; America del Sud (Argentina, Brasile, Cile, Colombia, Paraguay, Perù, Uruguay):12.321.597; Africa (Sud Africa): 994.911; Pacifico Occidentale (Australia Giappone, Nuova Zelanda): 247.396.
 
Disfunzione del gusto e dell’olfatto da covid-19: possibile impatto sui consumi di vinoNon sappiamo perché alcune persone perdono, parzialmente/totalmente l’olfatto/il gusto, ma sappiamo che quando ci si infetta, il COVID-19 si lega, tramite la proteina spike, ad un ricettore della cellula ospite presente in vari organi, tra cui il naso e/o la bocca. Una volta agganciato alla cellula ospite, il virus entra nella stessa, condizionandone gli organi di replicazione per potersi moltiplicare, danneggiandola e favorendo così una infiammazione a carico degli epiteli/bulbi olfattivi e/o degli epiteli/papille gustative che porta alla perdita della capacità di percepire odori e sapori. Si è altresì osservata una diversa prevalenza delle disfunzioni nelle varie fasce di età della popolazione ammalata; il fenomeno si manifesta raramente nelle fasce estreme di età della popolazione mentre risulta più comune nella fascia di età compresa tra i 40 e 50 anni. I dati epidemiologici riportano anche che sono le donne quelle che con maggiore probabilità manifestano disfunzioni olfattive/ gustative correlate al COVID-19 anche se sono quelle che probabilmente subiscono infezioni meno gravi.
La prevalenza della disfunzione olfattiva in cui la persona non è in grado di percepire o rilevare gli odori e quella della disfunzione gustativa in cui l'individuo perde la percezione del gusto sono risultate rispettivamente 10,2 e 8,6 volte superiori nei pazienti COVID-19 rispetto a quelli associate ad altre infezioni respiratorie o malattie simili alla COVID-19. Sebbene la durata di tali perdite sembri variare da una settimana a sei settimane, un recentissimo studio francese, effettuato su 704 operatori sanitari affetti da SARS-CoV-2, dimostra, invece, che la perdita dell’olfatto e del gusto, presente al momento della diagnosi d’infezione rispettivamente nell’81,3 e 81,5% dei pazienti, si riduce rispettivamente al 30% e al 50% dopo 3-7 mesi. Tenuto conto di quanto riportato in un recente rapporto (2020) dall’International Organisation of Vine and Wine, secondo cui il consumo annuo stimato di vino pro-capite è di 40,5 litri per il nostro Paese, l’impatto che le disfunzioni gustolfattive da Covid-19 potrebbero aver avuto sui consumi di vino avrebbero dovuto allarmare gli stakeholders.
In verità la pandemia ha sì suscitato un preoccupato interesse ma solo quello che legava i consumi al confinamento. Così, Wine Intelligence, divisione di Iwsr Group (International Wines and Spirits Record, UK), alla fine del 2020 aveva analizzato i dati di consumo di vino in 11 mercati con lo scopo di verificare possibili modifiche nei comportamenti dei consumatori a seguito del confinamento e della chiusura dei locali dove abitualmente si consumava vino, in particolare da parte della fascia di popolazione più giovani. Anche Sommelier Wine box si è occupata dell’impatto della pandemia sui consumi di vino esaminando i seguenti aspetti: frequenza di consumo, occasione di consumo, luoghi di consumo, canale e quantitativo di acquisto ed infine fascia e genere della popolazione dedita all’acquisto. Altri dati arrivano da un’indagine di Nomisma Wine Monitor, commissionata da IGM (Istituto Grandi Marche che, come è noto agli addetti ai lavori, riunisce 19 tra le più importanti e rappresentative cantine del nostro Paese) ha valutato i comportamenti e le tendenze dei consumatori di vino in due momenti distinti a distanza di un anno dall’inizio della pandemia. I risultati di tutte queste indagini oscillano tra due estremi quello del rapporto di FEDERVINI che registra nei primi sei mesi del 2020 una perdita pari a 2 miliardi di euro per il mercato nazionale di vino e quello dell’OSVE (Osservatorio Economico Vini Effervescenti) secondo cui i valori al consumo dei vini italiani sono cresciuti di più che i volumi in tutti i principali Paesi importatori.
Nulla purtroppo è stato verificato sull’impatto che i deficit olfattivi e/o gustativi potevano/possono aver avuto/avere verosimilmente sui consumi, in particolare sui vini che vengono offerti ai consumatori per le loro caratteristiche gusto olfattive. E dire che i dati emersi da diverse ricerche riportano una persistenza dei deficit gustolfattivi nei soggetti che hanno manifestato segni e sintomi clinici maggiore delle 6 settimane inizialmente osservate. Se a questo si aggiunge la possibilità che l’infezione da Covid 19 si ripresenterà nei prossimi inverni (vari esperti hanno pronosticato la endemicità di questa infezione), probabilmente insieme all’influenza, sarebbe stato quanto mai opportuno che si fosse esaminata la questione per valutarne la reale portata sui consumi di un alimento nutrizionalmente non essenziale come il vino. Cos, tenuto conto della elevata prevalenza dei soggetti infettati, di una disfunzione del gusto e dell’olfatto superiore alle 10 settimane, dell’interessamento della fascia di popolazione più frequentemente colpita da tali disfunzioni  e interessata ai consumi di vino, appare ragionevolmente sostenibile l’ipotesi secondo cui se non si è in grado di percepire le sensazioni gusto-olfattive, attese o proposte nell’etichetta di una bottiglia di vino acquistata o da acquistare, ne potrà conseguire un rallentamento se non addirittura una riduzione dei consumi annuali venendo meno la ragione principale per farli.
 

 
 
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