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Il vino è una questione di cuore
Ricordi, esperienze, emozioni, sentimenti, dal profondo della nostra mente fino al cuore.
Pubblicato il 28/08/2017
IV Bibenda Executive Wine Master“Non si beve per dimenticare, beviamo solo per ricordare”. È bello che una storia personale si chiuda con lo stesso calice con cui è cominciata; forse il calice – per inciso, Terzavia metodo classico 2012– non è più lo stesso, sono trascorsi due anni in cantina anche per lui, ma nemmeno chi lo beve è più lo stesso.
Questa sera, degustando lo stesso vino con il quale il 30 settembre 2015 si aprì il IV Bibenda Executive Wine Master, è spontaneo chiudere per un istante gli occhi e venire immediatamente sommersi dai ricordi, tanto che si fa fatica a mettere in ordine uno scritto.
 
Ricordi nello stile del primo giorno di scuola, in cui dopo aver fatto la strada col tuo compagno di bus ti guardi attorno e scruti i tuoi compagni di banco, ricordi di quando immediatamente riconosci e individui quelli che saranno i tuoi nuovi compari di marachelle, ricordi di quando incroci uno sguardo che ti paralizza dall’emozione e dalla bellezza, ricordi dell’incontro con quella che ti piace, con tutti gli altri compagni, quello che ti incuriosisce e quello che ti intimidisce, poi c’è quello in fondo con l’aria da secchione e l’altra con un’acconciatura simpatica. Poi ci sono ricordi dei professori: la bella preside alta e bionda, il professore di latino severo e affascinante, l’accademico con il suo aplomb, il prof di ginnastica che fa sempre le battute più simpatiche, poi quello che ti stupisce ad ogni lezione per la vastità e la profondità delle sue conoscenze e ti fa desiderare di imparare almeno un quarto di quello che sa lui.
IV BEM - Viaggio in Champagne
IV BEM
Fotografia
Fotografia
Nella testa stai già pensando alla prima gita, quando passerai la notte fuori, sogni le vigne e i vignaioli, e i momenti in cui conoscerai finalmente le persone al di fuori dell’aula, capirai un po’ più di loro e vedrai all’opera i tuoi docenti, potrai finalmente cominciare a carpire i segreti e le nozioni, le abilità per diventare anche tu un “super-naso”, le tecniche di viticoltura e di enologia, i numeri e le formule magiche del vino, le macchine e le apparecchiature che piacciono tanto agli ingegneri.
Quindi arrivano le visite nelle cantine rinomate come i Feudi di San Gregorio, la conoscenza con gli scienziati e gli innovatori della viticoltura e dell’enologia, slide, numeri, concetti, ma già al secondo viaggio si entra in uno dei “luoghi di passione” dell’enogastronomia, la Conca d’oro di Panzano in Chianti, e per un attimo la tensione cognitiva tecnico-scientifica vorrebbe sciogliersi di fronte all’emozione che si sprigiona nelle atmosfere magiche di Fontodi e della cucina di Dario Cecchini.
 
Il colore della passione è il rosso, come la carne chianina e il sangiovese; a chi scrive ritornano per un attimo alla memoria gli ultimi 10 anni della propria storia, in cui il Flaccianello della Pieve ha suggellato i momenti più belli, ma è inutile lasciarsi andare a simili smancerie, il Master ci attende con le lezioni, lo studio delle tecniche di comunicazione, le mappe enografiche, le vinificazioni e i climi da studiare, la geologia e i vitigni da memorizzare, le schede tecniche che non lasciano tregua e le degustazioni a punti, “secco-caldo-morbido”, no forse è più morbido che caldo, già, belle e intense discussioni sui tavoli dell’aula.

C’è quindi l’immersione nel più tecnico dei vini, lo spumante metodo classico che con la sua effervescenza riesce a strappare l’essenza del terroir di Franciacorta in Ca’ del Bosco e Bellavista, a regalarci per un attimo uno scorcio del mito francese dello champagne, il “vino del peccato” che è anche la seconda parola francese più conosciuta al mondo. Per qualche istante ci si sente spinti dall’immaginazione al nuovo viaggio, finché si arriva a percepire l’emozione del mito del vino nelle parole, pensieri, respiri delle persone che lavorano alla Tenuta San Guido, culla di uno dei più grandi sogni enologici mai realizzati in Italia. Il vino è anche sogno.
 
Il tempo scorre intensamente tra una lezione e un viaggio, una cena improvvisata con i compagni di corso e un fuori programma estivo nelle tenute mitiche di Montalcino, perché la voglia di vedersi è tanta e non può passare un’estate intera senza incontrarsi!
 
Il secondo anno è una magnifica ripresa, a partire dal viaggio nel fascino dell’autunno nelle Langhe e nell’eleganza sottile dei vini di Gaja, poi ancora tanta tecnica nelle lezioni di marketing, e un vulcano di emozioni vissute tra le persone e i “vini umani” dell’Etna. Un po’ alla volta il liquido odoroso si scava una strada dentro di noi.
 
Il crescendo rossiniano dei viaggi oltralpe è un concentrato di conoscenza e di passione, i luoghi più importanti della storia del vino in Champagne e Borgogna cercano di saziare le curiosità più profonde, regalano momenti di grande intensità e mettono insieme altre tessere del mosaico di un gruppo che si sta cementando.
Se da un lato il viaggio nella Champagne coinvolge, appaga, disseta la voglia di “mito”, dall’altra svela i segreti oscuri del nostro attore preferito, i retroscena opachi, le cose che insomma si preferirebbe ignorare con leggerezza. La visione della realtà dal punto di vista privilegiato del faro di Verzenay rende note anche le verità più scomode, quelle di un territorio fortemente compromesso a livello di inquinamento ambientale, e in molti casi spento a livello biologico-vegetale; camminare tra le vigne su terreni completamente diserbati è una doccia fredda per chi concorda con l’espressione latina “vinum vita est”.
Le storie della Borgogna sono invece narrate dai due vitigni padroni di casa, chardonnay e pinot nero, che ogni sera snocciolano, come nonni custodi della memoria, un aneddoto diverso davanti al fuoco. Sono quelle storie che restano nei ricordi dei nipoti, che a loro volta le tramanderanno, in una sorta di tradizione orale che contribuisce a formare il racconto della più famosa “terra da vino” al mondo.
Nell’intimità e nella confidenza di questi racconti le storie sedimentano e stratificano, tracciando generazione dopo generazione i contorni del mito.
Il rapporto con il vino diventa sempre di più personale, e quella che all’inizio era curiosità tecnica e nozionistica diventa scoperta di sé; nelle degustazioni c’è sempre meno sete di analisi e sempre più voglia di lasciar parlare il vino senza interrogarlo.
 
La cena del IV BEM
La cena del IV BEM
FotografiaUna lezione dopo l’altra ci si ritrova dopo due anni, il tempo è volato, di fronte ai 6 bicchieri dell’esame, ad aver scritto 8 tesine, degustato oltre 800 vini, toccato la terra, respirato l’aria, sentito la passione degli uomini del vino, e a rendersi conto che magicamente e quasi inconsapevolmente si è cambiati, che quel “frutto della natura, trasformato dalla cultura dell’uomo” ci ha fatto scoprire tanto di noi stessi, di come siamo fatti, delle nostre emozioni e di quello che proviamo di fronte ad una bottiglia di vino e di fronte ad una persona.
 
Terzavia 2012, quel calice che inizialmente volevo solo analizzare e vivisezionare, oggi è qui davanti a me e mi parla, mi racconta una storia bellissima fatta non più solo di colori profumi e sapori ma di pure emozioni, facendole sgorgare da dentro insieme a qualche lacrima di commozione. Allora mi sussurra in gran segreto quello che alla fine del BEM sono riuscito a sentire e scoprire: che nel fondo della nostra mente complicata, il vino è una questione di cuore, e che sapersi emozionare è più importate che sapere e basta.
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