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Intervista ad Andrea Scanzi
Pubblicato il 11/03/2016
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In tour con il Suo nuovo spettacolo teatrale, “Il sogno di un’Italia”, Andrea Scanzi sul palcoscenico del teatro Vittoria di Roma racconta la storia dell'Italia dall'84 al 2004. Vent'anni senza andare mai a tempo, dalla morte di Berlinguer al governo Berlusconi, passando dalla strage di Capaci, al G8 di Genova, tra la musica di Bennato, Fossati e dell’amato Gaber, ed ancora il Giudice Caponnetto,  il ricordo di Troisi ed il disincanto di Monicelli.  Uno spettacolo ironico, poetico, brillante, intenso ed amaro che il “noto giornalista” sta portando in scena in tutta Italia. Si apre con la celebre frase di Monicelli “la speranza è una trappola” passando tra il ricordo di Falcone e Borsellino e le stragi del ‘92 che colpirono Palermo e che gettarono il paese nello sgomento al punto tale da farle dimenticare presto, troppo presto. Ma anche lo sport con la profetica frase di Marco Pantani “vado così forte in salita per abbreviare la mia agonia”. Amaro e disilluso da una parte, ironico e divertente dall’altra, il teatro canzone che tanto piace a Scanzi e Casale, già insieme sul palcoscenico con il precedente spettacolo “Le Cattive Strade” dedicato a Fabrizio De Andrè, non lascia indifferente il pubblico. E fa riflettere. Per usare le parole di Scanzi “non saremo rivoluzionari, non saremo incendiari, al momento non siamo. Dunque non saremo. Ma potremmo essere”.

Prossime date: 1 aprile 2016 Mestre (VE), 5 aprile 2016 Genève, 10 maggio 2016 Trieste.


1. Andrea Scanzi: giornalista, opinionista, scrittore, drammaturgo, presentatore, sommelier, Lei non teme la sovraesposizione mediatica?

No, non la temo affatto.


2. Vent’anni senza andare mai a tempo. In cosa ha fallito la Sua generazione?

In tutto, volevamo fare la rivoluzione ma solo nelle t-shirt. La mia generazione non ha perso e neanche pareggiato, a ben pensarci ha restaurato. Che è molto peggio.


3. Sommelier dal 2007, che cosa l’ha spinta a frequentare un corso per diventare sommelier?

Il desiderio di saperne di più. Ho sempre amato il vino e volevo andare al  ristorante e saper scegliere da solo quale ordinare senza chiedere consigli al proprietario.


4. Qual è la giusta evoluzione del rapporto con il vino?

Cambia in relazione al momento della vita. E’ possibile che un vino che 5 anni fa mi piaceva, adesso non mi piaccia più. I gusti cambiano, c’è sempre una evoluzione.


5. Tra i suoi vini preferiti ci sono i grandi barolo piemontesi ed i bianchi friulani macerati sulle bucce, in che cosa l’ha delusa la Sua Toscana?

La Toscana è una terra di grandi rossi, io al Sangiovese preferisco il Nebbiolo.


6. E’ autore di due libri che raccontano il mondo del vino, che effetto Le fa sapere che giovani aspiranti sommelier studiano sui suoi testi per affrontare l’esame?

Mi piace moltissimo sapere che i miei libri vengono utilizzati come bignami dai ragazzi che si avvicinano al mondo del vino. Lo trovo molto gratificante.


7. “Tra i francesi che si incazzano e i giornali che svolazzano (cit.)” , chi è più brava l’Italia o la Francia?

Entrambi, solo che in Francia c’è la Champagne.

8. Qual è, secondo Lei, un vitigno italiano sottovalutato?

Sono due, il Timorasso ed il Dolcetto, meriterebbero più attenzione.


9. Parafrasando un suo articolo, se Lei fosse un vino quale sarebbe?

Un rosso destinato ad evolversi come un pinot nero, vitigno a bacca rossa tra i più nobili e difficili da interpretare, di grande classe ed eleganza.


10. Se esiste un vino della vita, qual è il suo?

Il vino della vita esiste eccome, solo che non può essere sempre lo stesso perché il gusto cambia con l’evoluzione della persona. Il piacere è intimo, personale, mutevole. Oggi potrebbe essere la ribolla gialla di Josko Gravner, oppure il bianco Breg, un blend di Sauvignon, Chardonnay, Riesling italico e Pinot Grigio. Ho bevuto quello del 2006 qualche giorno fa. Era strepitoso.


11. Quarantenne affascinante e di successo: se si guarda indietro può dire di aver raggiunto tutti i suoi obiettivi o c’è ancora qualcosa che desidera?

C’è sempre un obiettivo da raggiungere, non mi accontento mai di ciò che ho e cerco sempre nuove sfide.

 

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