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Falerno
Pubblicato il 13/11/2015
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È il fascino di immergersi nel quotidiano dell’antichità, percorso dal brivido della vita un tempo minacciata dal vulcano di Roccamonfina a costituire il tratto distintivo dell’areale attorno al Massico. È un paesaggio unico, disegnato da un vulcano ormai spento, stretto tra il basso Garigliano e la piana del Volturno, che crea le condizioni ambientali ottimali per la viticoltura. È qui, infatti, che il termine terroir (di cui spesso si abusa) esprime appieno il suo significato: terroir è sinonimo di originalità, di distinzione, di identità geografica nel calice; terroir è patrimonio naturale e culturale di singoli e popoli; terroir è origine, perennità, tipicità ed evoluzione di quelle microzone che cambiano secondo i ritmi scanditi dalle ere geologiche e dai tempi della natura.

La zona intorno al rilievo del Massico è, infatti, depositaria dei segreti di uno dei vini più antichi della storia, le cui origini si confondono tra l’appeal del mito e l’alea della leggenda. La tradizione vuole che il dio Bacco apparve a un agricoltore della zona di nome Falerno, il quale, nonostante di umili origini, lo accolse, offrendogli ospitalità e ristoro. Come segno di riconoscenza, Bacco decise di trasformare i declivi in quei floridi vigneti che sarebbero divenuti il tesoro della viticoltura di questo lembo di Campania. Così ha inizio la genesi di un nettare a ragione considerato prima Doc di Italia: risalgono al II secolo a.C. le anfore in terracotta, colme di vino Falerno, con l’indicazione dell’origine e dell’annata, e le prime commissioni di esperti in grado di valutarne la qualità. Dal Faustianum (il vino di media collina), al Caucinum (di altura) e, infine, al generico Falerno (di pianura), si disegnava una scala decrescente del valore intrinseco di questo vino.

Oggi, come allora, il rito della codificazione si rinnova in un disciplinare che impone la rigorosa provenienza delle uve da cinque comuni della provincia di Caserta (Sessa Aurunca, Falciano del Massico, Mondragone, Cellole, Carinola) e detta gli uvaggi delle declinazioni “bianco”, “rosso” e “rosato”. Se per il bianco è previsto un 85% minimo di Falanghina, per il secondo ed il terzo, invece, almeno il 60% di Aglianico e un massimo di 40% di Piedirosso, con la possibilità di aggiungere Primitivo e Barbera in misura non superiore al 5% del totale. Quintessenza di consuetudini millenarie, sinestesia dei caldi terreni ai piedi del vulcano, il Falerno si fa custode di un’arte dalle infinite sfumature: l’arte del saper creare della Natura, l’arte del savoir-faire e l’opera dell’uomo. Tra gli interpreti fedeli alle tradizioni vitivinicole locali, la Masseria Felicia, dedita alla viticoltura da tre generazioni, si distingue per perseguire la naturale evoluzione degli usi di un tempo, facendosi ambasciatrice di un territorio. Cinque ettari di proprietà in conversione biologica ripercorrono i fasti della storia, proiettandosi verso il futuro e ponendosi come ponte tra l’empirismo del passato, la passione e lungimiranza dell’oggi, e il miglioramento di prossimi orizzonti.

Un legame frutto di passione e di un rapporto quasi viscerale con quelle viti che insistono da decenni su suoli profondi, vulcanici, coperti di pomici e tufi; stratificazioni emblematiche delle alterne vicissitudini di piante ancorate a quei terreni, grazie a radici capaci di spingersi in profondità alla ricerca dell’anima nascosta di questi cru. Le viti, allevate a guyot con cordone speronato (Aglianico) e a guyot lungo ad archetto (Piedirosso) catturano l’indole dell’agro casertano, regalando vini “autentici”, che riflettono il dinamismo di Maria Felicia, tenace, innamorata delle sue vigne, caparbia nel reimpiantare i primitivi cloni di Piedirosso, per recuperare e preservare l’eredità di questo autoctono nelle declinazioni bianco, acino spargolo e acino compatto… Quel Per’ e Palummo che tanto deve a questa terra: la caratteristica tonalità rossa, acquisita dal rachide al momento della maturazione delle uve (che ricorda la colorazione della zampa del colombo), si impreziosisce dell’umore di una terra, a tratti austera, e dell’amore mai sopito di Maria Felicia.

Un’attenzione al rispetto dei cicli vitali e fermentazioni ispirate alla filosofica del biodinamico regalano sorsi di territorio, mediati esclusivamente dalla cura e dal dinamismo della giovane proprietaria. Ammaliante nei profumi tropicali e lievemente vegetali, il Falerno del Massico Bianco (Anthologia) esprime il carattere di una Falanghina in purezza allevata assecondandone i tempi di sviluppo, su suoli dal substrato vulcanico. Fresco, percorso da una vena irrimediabilmente minerale, si caratterizza per un lungo finale sapido. Nella versione rossa, l’Etichetta Bronzo (80% Aglianico e 20% Piedirosso), è fatto fermentare in tini tronco conici aperti di castagno, realizzati da un artigiano della zona, a simboleggiare quanto in Felicia sia radicato il rapporto con la terra natia. Dopo un affinamento in legno di secondo e terzo passaggio, il vino esordisce con un bouquet di frutta rossa, accenni balsamici e fumé; in bocca è austero e piacevolmente dominato da un equilibrio tra morbidezza, dotazione acida e trama tannica. Ogni sorso diventa, allora, silloge di un terroir, della storia di una famiglia; è interpretazione contemporanea del celebre vino dei Romani, un continuo scambio tra l’epoca Imperiale e la vita attuale, l’evoluzione di un nettare immortale.

Masseria Felicia
Loc. San Terenzano - Fraz. Carano
81037 Sessa Aurunca (CE)
Tel. 0823 935095
www.masseriafelicia.it
info@masseriafelicia.it

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