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In Vino Veritas: di vino, di astemi e di verità nascoste
Pubblicato il 19/06/2015
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Lo sapevate che il vino si può “udire”? Ha molto da dire e lo si può ascoltare attraverso le parole di chi viene abbondantemente innaffiato. Ne ha di parlantina, non lui, ma chi lo beve. Ma se il vino induce alla chiacchiera, generalmente non induce alla chiacchiera sul vino. Non si beve vino per passarne in rassegna i colori, i sapori, per enumerarne gli aromi, anche se i sommelier e le persone del settore lo fanno, ma è una licenza concessa solo a loro, perché loro degustano. Il vino, in verità, è conversazione, in qualsiasi modo sia interpretato, è dialogo. Il vino è “il fiorire vegetativo della conversazione” diceva Kierkegaard e bastano uno o due bicchieri per sciogliere le briglie alla lingua.

In vino veritas: nel vino c’è la verità. Il vino slaccia, slega, scioglie e una parte di verità c’è in questo proverbio latino, anche se oggi, appare un po’ riduttivo. Infatti, oggi non si può più pensare che l’uomo sia perennemente inibito nell’espressione delle proprie emozioni che si allentano con un bicchiere di vino mezzo pieno o mezzo vuoto. Però, il vino fa uscire da noi stessi verità nascoste, ambigue, a volte terribili. Fa dire sempre di più di ciò che si vuol far sapere. È per questo motivo che esistono gli astemi? L’astemio è colui che non beve vino o altro alcol, mai, per nulla al mondo, per nessun motivo, senza compromessi. Ecco cosa ne pensava Baudelaire: “Non è ragionevole pensare che le persone che non bevono mai vino, per istinto o per calcolo, sono degli imbecilli o degli ipocriti?... chi beve solo acqua ha un segreto da nascondere”. Gli astemi sono coloro che si astengono da bere vino per proteggersi, è certo, ma così facendo non capiscono che rinunciano a loro stessi, segregano la propria anima, pentendosene alla fine. E noi bevitori o degustatori di vecchio stampo, quando incontriamo un astemio siamo sempre pronti a chiedergli il perché o il significato di tanta mortificazione; a che scopo chiudersi a tal punto? Gli astemi non si concedono, non si donano. Rinunciano a rendere libera la propria inibizione così cucita, stropicciata. Bere per disinibirsi, sentirsi liberi di dire e provare ma l’astemio si sente libero di suo e non vuole provare nulla e forse ha ragione lui. Bere non rende necessariamente più felici ma si sa dove si va: si va altrove ma attenzione, l’alcolismo è un vizio, un’intossicazione, una peste contemporanea.

Degustare e non bere è più giusto, più esatto ed è un valore aggiunto alla nostra cultura. Degustare, dunque, perché se si è in grado di godere di una buona bottiglia di vino, si gestirà meglio il controllo degli impulsi. L’abuso di alcol rappresenta l’esatto contrario. Si ha difatti difficoltà a controllare i propri impulsi riducendo l’auto-controllo. Tutto ciò è negativo sia per il corpo sia per la mente. Per il corpo è negativo perché alcune ore dopo si soffre di mal di testa, ottundimento, mal di stomaco e, a lungo andare, si hanno problemi al fegato e altro. Per la mente, invece, è negativo per il senso di colpa che si può provare, per aver detto o fatto qualcosa che non si sarebbe mai detto o fatto nemmeno sotto tortura. Essere disinibiti, spesso, può portare a pentimento. Il vino non lo fa, anzi, può aiutare a rilassare, a decontrarre i muscoli del collo, ad alleggerire gli animi in circostanze un po’ “tirate”, ad essere un filo più audaci e a relazionarsi in situazioni social-mondane. Oppure semplicemente può aiutare ad alleggerire le tensioni di una giornata intensa di lavoro. Bisogna gratificarsi ogni tanto, anche a casa, da soli, con una buona bottiglia di vino senza che si raggiunga l’annullamento della coscienza. Bisogna iniziare a bere vino come filosofia di vita, come piacere di vita tanto da farne un’altra forma di gioia.

 

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