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Sushi, le verità nascoste
Pubblicato il 24/04/2015
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L’elemento più noto della cucina tradizionale giapponese è il sushi, le cui origini sono antichissime. Oggi la preparazione evoca un concetto di cibo ricercato e alla moda, che ha preso piede grazie all’imporsi nel mondo dell’idea di cucina fusion, e consiste nell’accostare riso a pesce crudo - cotto o marinato - crostacei, legumi o uova. Originariamente il sushi era una tecnica di conservazione del pesce utilizzata dalle popolazioni più povere che si trovavano lontano dalla costa dell’isola (epoca Muromachi 1392-1573), che avevano imparato a sfruttare le proprietà conservanti dell’acido lattico del riso: il pesce veniva consumato, mentre il riso fermentato gettato via. Un ulteriore avvicinamento alla concezione moderna di sushi avvenne nel 1600 quando gli abitanti di Edo, l’attuale Tokio, cominciarono ad aggiungere alla preparazione aceto di riso per accelerare il processo di fermentazione; ma è solo con la rivoluzione Meiji del 1866 che il sushi diventa un alimento sempre più costoso, riservato ad occasioni speciali. Occorre però osservare che fin qui la preparazione prevedeva solo utilizzo di varietà di pesce a carne bianca e che bisognerà attendere gli anni ’70 del secolo scorso e la scoperta degli effetti benefici del grasso contenuto nel pesce (Omega 3), perché nella preparazione compaia il Tonno Rosso. È curioso pensare che prima di allora fuori dai territori di produzione storica (Sicilia e Cadiz), il Tonno Rosso (Thunnus Thynnus) era reputato un pesce di scarto e utilizzato nel mercato internazionale per la preparazione di mangime per animali domestici.

Con la crescita economica del Giappone, il Maguro Toro (pancia del tonno, e parte più pregiata del pesce pelagico), diventa uno status symbol per l’elite giapponese che consuma la prelibatezza in ristoranti tradizionali, dove lo chef si adopera a preparare la pietanza stando di fronte al consumatore. I ristoranti di sushi nascono quindi all’insegna dell’esclusività, mentre a fine anni ’70 con la diffusione del Kaiten-zushi (il Sushi Bar con nastro trasportatore) la preparazione diventa comune anche tra le classi meno abbienti. Negli anni ’90, con lo scoppio della bolla economica giapponese, il Sushi Bar si trasforma in un “tradizionale” fast-food dove si lavorano specie sostitutive come il Tonno Obeso, e il Tonno Rosso, vera prelibatezza da gourmand, registra un’ulteriore impennata del prezzo di vendita. Obiettivo primario dei ristoranti diviene quindi quello di individuare canali alternativi per l’approvvigionamento della qualità di tonno di livello superiore ad un prezzo più basso, e all’inizio del nuovo Millennio si pongono essi stessi come investitori per svilupparne l’allevamento nel Sud dell’Australia, nel Mediterraneo e in Bassa California. L’allevamento di tonno risulta comunque un ciclo incompleto perché la specie non si riproduce in cattività: piccoli tonni pescati in mare aperto vengono messi in gabbia e cibati fino a raggiungere il peso medio di 50 kg. Mentre i ristoranti di sushi spopolano in tutto il mondo, la pesca del tonno rosso viene rigidamente regolamentata e il pesce dichiarato in pericolo di estinzione; la domanda di Tonno Rosso si moltiplica e parimenti aumenta il prezzo di vendita al chilo, basti pensare che il proprietario di una nota catena di ristoranti sushi di Tokyo ha pagato 1 milione e 760mila dollari per un tonno rosso di oltre 220 chilogrammi (circa 3.600 dollari per meno di mezzo chilo); di conseguenza anche nella ristorazione più ricercata si cominciano ad utilizzare specie sostitutive come il già citato Tonno Obeso, il diffuso Tonno Pinna Gialla (Thunnus Albacares), e il Tonnetto Striato (Katsuwonus Pelamis), varietà abbondantemente utilizzata per le conserve in lattina. Queste ultime due specie hanno però un non trascurabile inconveniente, la loro carne è di colore chiaro e il consumatore di sushi non può certo essere scontentato: la colorazione della carne diviene pratica obbligata, inizialmente congelando il pesce in anidride carbonica - prassi attualmente vietata nei principali mercati mondiali - ed oggi utilizzando coloranti naturali come il succo di barbabietola rossa che ha grande capacità di penetrazione nella carne. I consumatori non devono quindi farsi trarre in inganno, il tonno rosso è un prodotto di scarsa reperibilità e pertanto molto costoso, l’80% della produzione mondiale viene esportata in Giappone dove i fruitori sono disposti a pagare in un ristorante il sushi oltre 300 euro al chilo. E allora in Europa, e nel nostro caso a Roma, come si può pensare di poter pagare un sashimi di Maguro Toro composto da 7 fette di pesce, appena 10 Euro? Questo sì che è il miracolo dei pani e dei pesci!

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