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Camminare la terra, a Bergamo approda la mostra del padre dell’enogastronomia italiana
Pubblicato il 27/02/2015
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Secondo la definizione acuta fornita nel 1961 dallo storico americano Daniel J. Boorstin, “una celebrità è un uomo noto per la sua notorietà”. A differenza delle comuni celebrità Gino Veronelli è stato un eroe nel mondo dell’enogastronomia, la cui fama deriva non solo dalle sue prodezze, celebrate da un ricordo sempre animato che lo tiene vivo nell’attualità, ma dal fatto di essere il vero unico riferimento per chi si avvicina a questo mondo. Gino Veronelli raccoglie e unisce persone altrimenti distanti anni luce d’indole e di pensiero. A differenza di una notorietà episodica, Veronelli ha goduto e gode di una fama che si perpetua nel tempo, che non si dissolve né disperde, all’occorrenza, lasciando il posto ad una nuova celebrità del momento. Veronelli è e resta il Maestro. E il Maestro, con l’arguzia e la sensibilità che lo contraddistinguevano scriveva nel suo secondo catalogo dei Vini d’Italia del 1972, edito da Bolaffi: “Certo, insisto: al vignaiuolo ignoto. I vini contadini, migliori. Piccolo il podere, minuta la vigna, perfetto il vino; più facile, ed ingiusto, averlo ignorato, il vignaiuolo. Il contadino non sa vinificare? Non sa, e tu insegnalo; ma no che non conviene, cuopre, cuopre. Ad uve sane, o bestie, è l’immediata opera. Valida, più che mai, la saggia frase di Francesco D’Ambra, ischitano: ‘o vino rimane a’ molignana (a’ molignana è l’ecchimosi, la lividura, il segno). Al vigniaiuolo ignoto assente per secolari oppressioni, negato l’orgoglio delle proprie insegne, ancora dedico libro di vini «noti»”.

Oggi la mostra Luigi Veronelli – camminare la terra – allestita alla Triennale di Milano sino al 24 febbraio ed ora trasferita a Bergamo dove sarà visitabile durante tutto il periodo dell’Expo, narra delle sue origini, della formazione poliedrica, della sua idea di cultura materiale, fatta di terra e di un futuro di consapevolezza. L’esposizione, in armonia al pensiero del gastronomo che sintetizziamo con le parole di Claudio De Albertis presidente della Triennale di Milano “ha saputo cogliere, tradurre e diffondere la valenza culturale del cibo, del vino e della terra, svuotandoli della dimensione di consumo e di necessità, per affermare tutta la portata morale ed estetica, convinto nel diritto, come lo ha sempre mostrato nei suoi scritti ma soprattutto nel suo agire, al piacere e alla gioia”, è un appuntamento da non perdere per comprendere appieno come “camminando la terra” sono nati, e sono stati riscoperti e valorizzati gli attuali capisaldi dell’attuale made in Italy enogastronomico. 

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