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A tavola con Marinetti
Pubblicato il 20/02/2015
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"Si pensa si sogna e si agisce secondo quel che si beve e si mangia", così Filippo Tommaso Marinetti reinterpretò la famosa frase di Feuerbach "Der Mensch ist, was er isst" (l'uomo è ciò che mangia) per presentare quello che, l'8 marzo del 1931, fu il primo pranzo futurista tenutosi nella allora neonata Taverna del Santopalato di via Vanchiglia, 2 a Torino. Questo pranzo di 14 portate, con abbinamento di vini, birre, spumanti e profumi, segnò l'ingresso della poetica-polemica futurista anche nel campo culinario e fu il primo vero tentativo di ammodernamento della cucina italiana; fu, infatti, col "Manifesto della cucina futurista" redatto da Marinetti stesso e da Luigi Colombo alias Fillìa, che ben presto in Italia un nutrito gruppo di cuochi, artisti, letterati, intellettuali, cominciarono ad inventare nuovi piatti dagli abbinamenti insoliti e stravaganti con il fine ultimo di "svecchiare" la cucina tradizionale italiana, ritenuta "passatista" e stantia, e di eliminarne ogni contaminazione straniera sia negli ingredienti che nel lessico utilizzato: memorabile fu la crociata contro la pastasciutta, ritenuta una "assurda religione gastronomica" atta solo a riempire lo stomaco, prodotta con grano straniero, a cui era considerato preferibile l'italianissimo riso, leggero e gustoso; come non citare poi la guerra all'esterofilia nella lingua: ecco che parole come bar, cocktail e barman furono sostituite negli scritti dei futuristi con termini quali "quisibeve", "polibibita" e "miscelatore". Da questi concetti cardine partiva dunque l'opera di rinnovamento della cucina, che ben presto si sarebbe trasformata in arte culinaria, secondo la quale il pranzo perfetto esige:

L'armonia della tavola (posateria, cristalleria ecc.) con i sapori ed i colori delle vivande.

L'originalità "assoluta" delle vivande.

L'invenzione di "complessi plastici saporiti" che possano stimolare la vista e la fantasia prima di essere gustati.

Il non utilizzo del coltello e della forchetta per quei piatti che possano essere mangiati con le mani, per appagare anche il senso del tatto.

L'uso di profumi evanescenti da diffondere nell'ambiente fra una portata e l'altra, al fine di aggiungere altri elementi di piacere alla degustazione.

Un limitato uso della musica fra le varie portate.

L'abolizione dei discorsi di natura politica e delle chiacchiere a tavola.

L'uso della poesia e dei suoni come ingredienti complementari di una vivanda.

La presentazione di vivande che i commensali non sanno se mangeranno o meno, in modo da stimolarne la curiosità e il senso di stupore.

La creazione di bocconi con "dieci, venti sapori da gustare in pochi attimi", in grado di emozionare e raccontare una storia con immediatezza.

Una dotazione di strumenti scientifici in cucina, tra cui centrifughe e distillatori.

Oggi, la cucina italiana ed internazionale moderne devono molto a queste intuizioni: basti pensare a Chef di fama mondiale come Ferran Adrìa, che della scienza e della chimica in cucina ha fatto un marchio di fabbrica, ed Heston Blumenthal, che con il piatto "Sound of the sea" porta in tavola anche un lettore mp3 "nascosto" in una conchiglia con cui ascoltare proprio i suoni del mare mentre si degusta la pietanza; ma anche allo stesso Davide Scabin, il cui celebre "Cyber-Egg" altro non è che un tuorlo d'uovo con caviale, scalogno, pepe nero e vodka racchiuso in un involucro di pellicola trasparente e servito con un bisturi chirurgico necessario ad incidere il piccolo "bulbo" per poi succhiarne il contenuto. Ha fatto scalpore poi la notizia dell'apertura imminente del ristorante più costoso del mondo, il "SubliMotion" dello Chef Paco Roncero a Ibiza, che per 1.500 euro a persona promette di portare 20 portate a tavola in un "viaggio attraverso immagini, proiezioni, musica, giochi di luci e profumi". E mille altri Chef e ad altrettanti piatti-simbolo si potrebbero citare ma la verità è che sono passati 80 anni dalle ricette e dalle idee dei futuristi eppure nessuno ad oggi ha ancora inventato qualcosa di realmente originale, nulla che non sia già stato pensato e teorizzato da Marinetti e soci che oggi sarebbero, invero, ben contenti di vedere fino a che punto si è evoluta l'arte culinaria. Oggi, 20 febbraio, è il 106esimo anniversario della pubblicazione del Manifesto Futurista sul giornale francese Le Figaro, una data che ha segnato uno stravolgimento artistico e culturale nei più svariati campi dell'umano ingegno, tra i quali appunto la cucina, che merita di essere ricordato per il grande contributo che ha apportato e che ancora oggi ritroviamo nella nostra quotidianità: perché molto di ciò che per i futuristi fu provocazione quasi utopica, per noi oggi è prassi comune. La prossima settimana cercheremo dunque di trattare con cura il tema del vino secondo i futuristi, che furono molto attenti, a loro modo, a questa bevanda. Nel frattempo, chi volesse approfondire la conoscenza di questa interessantissima -e poco nota- branca del Futurismo può andare alla ricerca del libro "La cucina futurista - Un pranzo che evitò un suicidio" di F.T. Marinetti e Fillìa, Christian Marinotti Edizioni.

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