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Il Cabernet Sauvignon sedotto dalla “gorgia toscana”
Pubblicato il 06/02/2015
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Come il linguaggio è il mezzo usato dai popoli per interagire ed esprimere i propri pensieri, anche con caratterizzazioni fonetiche e dialettali , cosi un vitigno è il tramite per dar voce ad un determinato territorio che racconta delle sue origini, ben oltre il limite imposto dalle sole peculiarità ampelografiche. Ai confini meridionali del Chianti Classico, a ridosso delle Crete Senesi, dove riecheggia la “gorgia toscana” (aspirazione delle consonanti sorde “c”, “p”, “t” costrette tra due vocali), ha trovato ragion d’essere il vitigno principe per spirito internazionale e capacità di adattamento, il Cabernet Sauvignon. Il vitigno, originario dell’Epiro e diretto discendente della Vitis Biturica, esprime, sulle marne toscane, un’ identità territoriale senza scomodare il già consacrato Sangiovese, ed evidenzia la forza del “terroir”, tramite un’immagine di sé, più vicina alle affascinanti asperità della tradizione chiantigiana classica che non alle esasperate, e troppe volte scontate, rotondità dei vini di derivazione “parkeriana”. A Fattoria di Fèlsina, azienda di proprietà della famiglia Poggiali, nel vigneto Rancia Piccola, detto anche Maestro Raro, e nel vigneto Poggiolo, Giuseppe Mazzocolin, la vera anima della cantina, coadiuvato dall’enologo Franco Bernabei, interpreta il vitigno bordolese attraverso un vino di territorio che trasporta nel bicchiere la mineralità della marna calcareo-petrosa tipica dell’areale del comune di Castelnuovo Berardenga.

Il sistema di allevamento a guyot semplice, con 5-8 gemme per ceppo ed una densità di circa 5.400 piante a ettaro, assicura una resa consona ad un vino di indubbia qualità; le uve vengono raccolte esclusivamente a mano e, dopo la diraspatura e la successiva pigiatura, il mosto è fermentato in acciaio ad una temperatura di circa 28-30°C, con follature e rimontaggi giornalieri. Alla fine di Marzo viene messo ad affinare in barrique di rovere francese per 20 mesi e poi ulteriori 10 in bottiglia. La prima vendemmia in bottiglia è coincisa con il millesimo 1987. Le impressioni sensoriali che seguono sono riferite all’annata 2001, a testimonianza di un vino capace di tenere a bada il tempo. Veste rubino cupo, alquanto restia a cedere la scena alle ombre granato che ne invadono l’unghia. Il naso sembra richiamare un déjà vu di un bosco di tardo autunno: terra bagnata, foglie secche, humus, radice di genziana e ancora legno d’ulivo, bacche di rosa canina essiccate, insieme ai frutti di sorbo e del nespolo, quindi prugne secche e uva sultanina. È lontana la nota di ribes nero (cassis) propria del vitigno, tutti i descrittori sfumano su toni pastello, dominati dalla forza austera del territorio. In bocca la freschezza accompagna le sensazioni gliceriche, coadiuvata da una trama tannica fitta e setosa. La persistenza della nobile tostatura e delle spezie è amplificata dall’impronta balsamica e dai lunghi ritorni minerali. Un arrosto di maiale alle castagne per esaltarne il carattere.

Fèlsina
Via del Chianti, 101
53019 Castelnuovo Berardenga (SI)
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