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C’è qualcosa di nuovo oggi nel Rodano, anzi d’antico
Pubblicato il 29/11/2013
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Spero non me ne vorrà Giovanni Pascoli se abuso dei suoi versi. Ritengo di no, visto che il Poeta romagnolo era grande amante del vino (cui dedicò anche una bella lirica, I tre grappoli). Lo spunto è stato però irresistibile, visto che voglio scrivere di una appellation tanto antica quanto a lungo negletta, e che oggi sta vivendo un momento di straordinaria rinascita: Cornas. Situata nella parte inferiore del Rodano Settentrionale, questa denominazione - come molte di quelle francesi - prende origine da una omonima località, per la verità abbastanza insignificante sotto il profilo monumentale, l’origine del cui toponimo è ancora oggetto di mistero (per alcuni deriverebbe dal latino cornu, per altri dal celtico cornas che significa “terra bruciata”). Per il mondo del vino, però, si tratta di un luogo tutt’altro che anonimo: decantato da Carlomagno e Richelieu, documentato per la vendita di vini rossi dalla prima metà del 1600, è circondato da 111 ettari di vigneti, disposti suggestivamente su un ripido anfiteatro. Qui si coltiva un solo vitigno, la Syrah, con rendimenti bassi (la media è di 35 hl/ha) e peculiarità dovute alle caratteristiche dei suoli e del microclima: misto di arenarie e ciottoli su calcari argillosi, in un contesto che può divenire torrido nei mesi estivi, ma in presenza di escursioni termiche comunque notevoli.

Nel nord del Rodano, tra i grandi vini rossi, si usa dire che il Côte Rotie è leggiadro e femminile, l’Hermitage possente e virile. In questa personificazione del nettare di Bacco, il Cornas potrebbe rappresentare il giovane irruento e giocoso: ha un aroma di frutti rossi maturi talmente intenso da essere inebriante, con più di una suggestione di sciroppo di mora e crema di cassis, una speziatura dolce che evoca cannella e chiodo di garofano. Dietro questa coltre iniziale vengono presto fuori le note di garrigue, di ginepro, di pepe che da rosa diviene poi nero. Parlo per (ripetuta) esperienza diretta: è veramente difficile staccarsi dal bicchiere, specie quando, portatolo alla bocca, emergono note succose, quasi masticabili di frutta rossa matura, accompagnate dalla freschezza tipica del nord Rodano e dal meraviglioso velluto del tannino apportato dalla Syrah. Un solo assaggio regala una prepotente voglia di accostarci della cacciagione da pelo (specie il capriolo, ma anche una lepre in dolceforte), dell’anatra con riduzione dello stesso vino, o magari un formaggio come il St. Marcellin. Eppure, questo nettare è stato a lungo negletto, dimenticato o persino disprezzato. Jancis Robinson, la grande dama del vino, ancora nel 2000 nella sua rubrica sul Financial Times lo stroncava senza pietà, e le parole che più frequentemente ricorrevano erano “rustico” o persino “maleodorante”. Si deve dunque ad alcuni coraggiosi produttori la rinascita di questa vecchia gloria francese. Bisogna peraltro citarne almeno tre: Thierry Allemand, Auguste Clape e Jean-Luc Colombo. Allemand, barbuto viticultore naturale, fa vini oggetto di culto tra gli appassionati. Sono i Cornas più eleganti, meno concentrati (anche nel colore) ma più suadenti e profumati. Sono i classici vini dei quali si è stupiti, versando l’ultimo goccio, che siano già finiti, tanta è la loro bevibilità. Clape, i prezzi delle cui bottiglie hanno ormai raggiunto quelli degli Hermitage, fa vini più scuri, inavvicinabili in gioventù, ma dalla straordinaria complessità ed in grado di maturare per decenni. Sono adorati da Robert Parker, con il cui giudizio, almeno in questo caso, concordo in maniera piena. Colombo è l’enfant prodige del Cornas: enologo marsigliese stabilitosi qui da anni, ha un approccio modernista, con uso della barrique e di tecniche moderne di vinificazione. Ultimamente i suoi prodotti sono divenuti molto più convincenti, il legno è meno avvertibile e le note fruttate più discrete. Escludendo Clape e, in parte, Allemand, un ottimo Cornas, magari di un produttore emergente come Domaine du Tunnel, costa tra i 20 e i 30 euro a bottiglia. Troppi? Bevetelo, e penso sarete d’accordo con me nel rispondere di no.

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