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Côte d’Or o Conca d’Oro?
Pubblicato il 04/10/2013
Fotografia

Avete presente quei cartelli di benvenuto posti all’ingresso dei comuni con su scritto il nome del paese e poi:"Città gemellata con"?  Si potrebbe proporre al comune di Panzano in Chianti, provincia di Firenze, di aggiungere un nome sul cartello posto sulla SS 222, con su riportato un gemellaggio enologico con Beaune, capitale della Cote d’Or e cuore di Borgogna. Da sempre, come ci viene correttamente insegnato ai corsi da sommelier, le similitudini di questo territorio, così come tutta la zona del Chianti Classico e della costa degli Etruschi (Bolgheri in primis), sono per accostamento legate alla zona francese di Bordeaux, tanto che molte aziende sono divenute famose in Toscana come nel mondo per la produzione di vini con matrice bordolese ed uno stile distintivo internazionale.

Ecco allora la sorpresa, quando scopro che, un produttore lungimirante ma anche ardito esploratore come Giovanni Manetti di Fontodi, decide di azzardare una scommessa. Pianta in una piccola zona del suo vigneto chiamato Case Via, nella Conca d’Oro Panzanese (nemmeno a farlo apposta entrambe classificate in viticoltura come zone d’oro), dei filari tirati a guyot di Pinot Nero. L’esposizione ad ovest nella parte intermedia della collina, permette a queste viti di crescere in un microclima molto favorevole, garantendo lente maturazioni a favore delle peculiarità fenologiche della pianta. Per questo e per la particolare luce che filtra nei filari, questi luoghi sono molto facili da accomunare alle vigne di Borgogna anzichè Bordeaux, ed anticipano una sorpresa nel bicchiere.

Il vino, un Pinot Nero in purezza, nasce da una fermentazione spontanea che avviene con lieviti indigeni in vasche d'acciaio inox a temperatura controllata per 14 giorni, durante i quali vengono effettuate follature manuali. Dopo la fermentazione malolattica, condotta in tini troncoconici di Allier, il vino viene fatto maturare in barriques di Troncais per 12 mesi. La piccola produzione di 4.000 bottiglie viene poi messa in commercio dopo 6 mesi. L’esperienza gustativa con questo vino, non può non tener conto del carattere territoriale assunto qui dal Pinot Nero; infatti, per quanto le condizioni siano state favorevoli al suo adattamento, l’impronta ferrosa e tipica del terreno ricco di galestro, che dona toni ematici e selvatici con sfumature di frutta secca e bacche di bosco, sono i sentori caratteristici che si ritrovano nei Sangiovese tanto quanto in questo Pinot Nero. Ecco quindi che quando si incontra un prodotto come questo, capace di uscire fuori da qualsiasi canone, bisogna apprezzarlo per il suo carattere eterogeneo. Un viaggio fatto di sfumature, di essenze umide, di nebbie mattutine e di venti caldi estivi che accarezzano le sue doti da fuoriclasse. La degustazione fatta direttamente in azienda, è stata un’eccezione assoluta. Manetti ci ha concesso l’apertura di alcune bottiglie del 1992, sottratte alla dote di famiglia di sua figlia. Il nettare di un rosso granato trasparante è un’esperienza olfattiva che ricorda un viaggio in terra magrebina: destinazione Marrakech, mercato delle spezie. Quando entri nel caldo spazio del suk, ricoperto da tende di cotone che lasciano filtrare la luce ma non i roventi raggi del sole, il naso viene inebriato dal profumo pungente del cumino, dal giallo cangiante della curcuma e dalla fresca scia agrumata dello zenzero; i volti dei passanti segnati dal sole, l’odore delle pelli e del cuoio tinte dai mille colori della terra. Un sogno evocativo. In bocca il tannino è un vero esempio di velluto ed eleganza, la freschezza è ancora quella dei primi tempi, nonostante i suoi 21 anni di età. Tridimensionale, riconferma all’assaggio un’evoluzione che chiude in una chiara impronta solare di spezie orientali. Da provare con una ricetta di arrosto di manzo e verdure tajine (tipico tegame conico di terracotta del Marocco). Un suggerimento: acquistatelo oggi (la sua produzione viene effettuata solo nelle annate migliori), anche se giovane, per goderne in futuro.

Fontodi
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