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F come Folloviello
Pubblicato il 11/12/2015
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Sorrento, dimora mitica delle Sirene, è fin dall’antichità celebre per la mitezza del clima e per il fascino mozzafiato di un paesaggio tra cielo e mare, ove si fondono armoniosamente pittoresco e sublime. Fino all’ultimo dopoguerra l’agrumeto, le viti e l’olivo hanno sempre convissuto pacificamente con gli insediamenti umani, integrando con un’agricoltura il più delle volte eroica i proventi dei commerci e della pesca nel Golfo. Ancora oggi, malgrado i guasti arrecati dalla selvaggia speculazione edilizia, sopravvivono fra le case fazzoletti di terra che ospitano pergolati d’uva, ortaggi per uso domestico e lussureggianti limonaie. Principale risorsa è oramai il turismo, ma i sorrentini sono sempre stati marinai-contadini, con un piede sulla barca e l’altro in vigna, particolarmente ingegnosi nel ricavare spazi coltivabili dalla tormentata orografia di un territorio “verticale” tra i più difficili, ottimizzandone al massimo le risorse. Nei secoli passati Sorrento era anche zona di neviere, ove veniva ammassata la neve dei sovrastanti monti Lattari, a fini conservativi di molte derrate alimentari. Le foglie di cedri e limoni, ricche di oli essenziali, entrano sovente in cucina, profumando svariate pietanze. Natale è il periodo dei Follovielli o Fogliarelli, fagottini di foglie di agrumi ripieni di acini d’uva appassiti e cubetti di arancia candita, legati con rafia o fermati con uno stecchino, ancestrali dolcetti beneaugurali che sembrano arrivare direttamente dall’età in cui fiorirono Stabia, Ercolano e la magnifica Pompei. Il nome sembra derivare infatti da “folia volvere”(avvolgere nella foglia), oppure dal verbo "follare", ovverosia “pigiare”, in modo da distribuire uniformemente nella foglia chiusa a sacchetto il suo dolce contenuto, prima di asciugare il tutto al sole, oppure con un breve passaggio in forno non troppo caldo ( max 100° per 15 minuti). Secondo altra ipotesi, il nome deriverebbe dalla voce locale Fòllaro, letteralmente “involucro”o “piccola borsa”, ma anche nome di una moneta, coniata proprio a Sorrento in età normanna. Da Follaro si è poi passati a “Follariello”, con accezione diminutiva, adattissimo a designare il piccolo dono prezioso e goloso. Ad ogni modo, i Follovielli, Fogliarelli o Follarielli, a seconda di come li si voglia chiamare, sono ancora oggi di rigore nel periodo delle festività natalizie, al pari di noci, nocciole, fichi secchi, castagne essiccate e simili, definiti nel loro insieme “ sciòsciole“, da sgranocchiare conversando amabilmente con parenti e amici o magari durante una tombolata. Ed ecco una ricetta di massima, laboriosa, ma non difficile, per chi volesse preparare i Follovielli in casa. Il periodo tradizionale è solitamente a fine ottobre-novembre, quando ancora è reperibile il mosto dolcissimo e non fermentato dell’ultima vendemmia, da concentrare a fuoco diretto riducendone il volume a un terzo per poi farvi rinvenire l’uva passa, lasciandovela per un paio di giorni assieme a scorzette di agrume. Ci si procurano intanto venti-trenta foglie di limone grandi e regolari, preferibilmente della varietà "sfusato d’Amalfi", quella a riconoscimento Igp (Indicazione Geografica Protetta) dell'Unione Europea. Una volta lavate e asciugate accuratamente, le foglie vanno disposte su una teglia foderata di carta da forno, distribuendo al centro di ognuna un cucchiaio di uva passita e uno di arancia candita, per un peso complessivo di 40 grammi all’incirca. Ripiegando le foglie a fagottino, sigillarle con uno stuzzicadenti o con rafia prima di infornarle brevemente, in modo da eliminare l’umidità residua. In alternativa, eccellenti Follovielli preparati come una volta si trovano da Deia di Piano di Sorrento, che opera con materie prime rigorosamente locali.

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