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Fumin, un altro testimone della nostra ricchezza
Pubblicato il 25/10/2013
Fotografia

Ero alle elementari quando mamma mi disse “ma guarda che durante la Grande Guerra i soldati italiani non è che si capissero molto. Ognuno parlava la sua lingua, il suo dialetto”. Come a dire che l’Italia fosse un contorno ben disegnato sulla cartina, ma che gli italiani erano in fondo tanti piccoli mondi, con la propria lingua e la propria cultura. Problema mica da ridere per un esercito…

Il rovescio di questa criticità, il lato positivo della medaglia, è quello che  viviamo oggi: i piccoli mondi sono tutti tesi ad esaltare la propria specifica ricchezza in una concezione costruttiva, per fortuna, del particolarismo: la riscoperta e la valorizzazione della biodiversità. E di questo fenomeno cibo e vino sono naturalmente i grandi protagonisti. Parlando di vino, succede sempre più spesso che un vitigno autoctono venga “salvato” dal rischio di estinzione, o che passi dallo status di mero componente di uvaggi e tagli a quello di titolare di un’etichetta e in molti casi di una dop.

Una storia simile è quella del Fumin, bacca rossa valdostana così chiamata per la sua spessa coltre pruinosa o, secondo alcuni, per la nota fumè che sprigiona. Un tempo elemento deputato rinforzare acidità e colore nei vini della tradizione regionale, oggi ha conquistato il ruolo di solista, dall’85% in su, tra gli esponenti della Doc unica Vallée d'Aoste.

Tra i produttori che lo propongono in purezza c’è Elio Ottin che in vigna c’è nato e cresciuto, ma che solo dal 2007 vinifica in proprio dopo aver deciso di dedicarsi completamente alla campagna: dal vino alle mele, fino all’allevamento di alcuni capi di vacche valdostane. È nella zona di Torrette che Ottin lavora i 4 ettari di vigneti che si sviluppano tra Saint-Christophe e Quart. Proprio da quest’ultimo, a 600 metri sopra il livello del mare su terreni limo-sabbiosi, provengono le uve Fumin i cui filari hanno orientamento nord-sud per ottenere l’irraggiamento fogliare più adatto all’espressione del vitigno. Basse rese, 60 quintali per ettaro, ed elevata densità d’impianto, tra i 6mila e gli 8mila ceppi per ettaro, sono tra le scelte che il viticoltore ha fatto per dare qualità ai suoi vini insieme a un approccio filo-biologico che però tiene consapevolmente lontano da estremizzazioni: con rame e alghe marine è la natura stessa a trattare la vigna… finchè questo può bastare.

Rigorosamente a mano, il Fumin si vendemmia di solito a partire dalla metà di ottobre ma qui, in casa Ottin, si aspetta l’inizio di novembre. Dopo due settimane di appassimento in cassetta le uve sono pronte per la fermentazione in tini di legno, seguita da un prolungamento della macerazione per circa 40 giorni. La maturazione dura un anno tra acciaio, circa 20%, e legno di primo passaggio, circa 80%, (parte in botti da 300 litri, parte in botti grandi) con lievi variazioni delle proporzioni in base all’annata. Un rubino-violaceo compatto presenta il Vallée d'Aoste Doc Fumin 2010 che al naso intriga con un impatto di frutti rossi maturi che virano verso la confettura accompagnati da richiami erbacei e di sottobosco. Nel finale arriva il fumè insieme a note di tabacco. Percezioni confermate complessivamente all’assaggio dove avvolgenza e morbidezza trovano un potente contraltare di freschezza e sapidità. Lieve ed elegante nei tannini,  chiude lasciandosi assaporare abbastanza a lungo. In abbinamento: parasambene, pannicolo, filettino o cartella che dir si voglia, il diaframma di vitello e manzo ha un nome diverso in ogni parte d’Italia. Ovunque conserva però la stessa nutriente, saporita ed economica sostanza. Massaggiato con spezie ed erbe aromatiche, buonissimo alla brace.

Ottin
Fraz. Porossan Neyves, 209 (AO)
Tel 3474071331
www.ottinvini.it
elio.ottin@gmail.com

 

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