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B come bretzel
Pubblicato il 08/02/2013
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Poiché l’industria degli snack da aperitivo ne riprende in miniatura la forma, molti italiani la scambiano per una sorta di salatino formato gigante. Il Bretzel (Brezn in Baviera, Brezerl in Austria, Bredchdel in Alsazia) è in realtà un pane speciale a forma di fiocco, morbido all’interno (grazie a una breve immersione in soluzione di bicarbonato) e brunito all’esterno, tempestato di cristalli di sale, propedeutico perciò a grandi bevute di Lager. Popolarissimo in tutto il mondo germanico, è diffuso anche nel Granducato di Lussemburgo e nella Svizzera settentrionale, e si ritrova come specialità street food di Philadelphia, Chicago e nei Deli di New York col nome di Pretzel, più o meno in versione kosher. Nel gennaio 2002 i giornali diffusero la notizia di un mancamento del Presidente George W. Bush causato da un salatino andato di traverso. Si trattava, invece, di un Bretzel, come lo stesso Bush ristabilito ebbe a dichiarare in conferenza stampa col consueto spirito un po’naïf: “When you’re eating pretzels, chew before you swallow. Listen to your mother”. Il Bretzel ha comunque origini molto antiche e illustri, discende probabilmente da un pane celtico sacrale, e in effetti il luogo di origine sembra essere la Bassa Germania, anche se alcuni lo ritengono alsaziano, sulla base di un leggendario racconto popolare. C’era una volta a Ingwiller un fornaio di nome Dorebäck, che ebbe l’ardire di sparlare di una donna assai potente, amante del conte Jacques de Lichtenberg, detto Jacques il Barbuto. Gettato in una oscura cella e condannato all’impiccagione, gli fu promessa la grazia a una stramba e irrealizzabile condizione: inventare un pane attraverso il quale il sole doveva brillare tre volte. Il lamento del fornaio disperato, rassegnato a finire sul patibolo, fu udito da un compaesano di nome Jory, un gigante dalla forza straordinaria, che il conte aveva fatto convocare con l’intento di servirsene come guardia del corpo. Jory divelse senza sforzo una sbarra della prigione, attorcigliandone ciascuna estremità su se stessa. Dorebäck ebbe un lampo di genio, chiamò a gran voce il carceriere e chiese che lo portassero alle cucine, ove confezionò per il conte un pane magico, attraverso le volute del quale si poteva osservare tre volte il sole. La domenica seguente il fornaio festeggiò la ritrovata libertà distribuendo a tutti quel pane speciale, da allora considerato salvifico e beneaugurante. Adottato anche dalle comunità monastiche, il Bretzel sembra derivi il suo nome dal latino “brachium” o “braccellus”, per la forma che rimanda a un abbraccio, ma anche per l’abitudine di trasportare quei pani appendendoli al braccio con una cordicella. Secondo altra ipotesi, il nome significherebbe “tempo del riposo”, il tempo, appunto, delle braccia conserte, intrecciate come quel pane. A Colmar prevale però un’altra leggenda : l’inventore del Bretzel sarebbe stato italiano, colà stabilitosi dopo la guerra dei Trent’anni, nativo più precisamente di Brescello, nella Bassa reggiana, in dialetto Bersèl, da cui, appunto, Bretzel. Propendono, curiosamente, per un’origine italiana anche Bryan Bunch e Alexander Hellemans, autori di una autorevole History of Science and Technology, secondo la quale i bambini che imparavano le preghiere  erano ricompensati con “pretiola” (piccoli doni) da sgranocchiare, in forma di nastro intrecciato, secondo un’usanza diffusa, a quanto pare, proprio da un monaco del nostro paese in età altomedievale. I Bretzel sono, in effetti, nel rito cristiano, associati con le uova e i  cibi tradizionali della Pasqua. Record di consumi durante le due settimane dell’Oktoberfest di Monaco di Baviera, come snack favorito in accompagnamento al fiume di Lager quantificato in sette milioni e mezzo di boccali.

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