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B come burrata
Pubblicato il 21/12/2012
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Tipicamente andriese, la Burrata è prodotto caseario innovativo, creato per riutilizzare sfilacci e cascami di lavorazione della pasta filata, mescolati con panna fresca (la cosiddetta “stracciatella”) e racchiusi a sacchetto in un sottile involucro di pasta filata. Luogo di nascita assai probabile, la vecchia Masseria Bianchini in agro di Andria, poi divenuta Stabilimento Chieppa, primo quarto del secolo scorso. Dalla cagliata di latte vaccino, bufalino o misto si prepara per prima cosa un foglio di pasta filata spesso un centimetro circa, salato in salamoia e infine ritagliato in quadrati o “lucini” regolari, da foggiare a sacchetto tramite soffiatura, rendendoli atti ad accogliere la farcitura di ritagli di mozzarella e panna. Ultima fase della delicata lavorazione manuale è una breve immersione in acqua fredda, atta a dare coesione al prodotto, solidificando la panna. Fino a non molto tempo fa, per il confezionamento si usava avvolgere ogni singola burrata direttamente in foglie di asfodelo o di vizzo, piante spontanee tipiche delle Murge, sia per il bel contrasto cromatico, sia per il sottile aroma erbaceo che ne derivava.

Le attuali norme igienico-sanitarie impongono oramai il confezionamento sterile in polietilene o carta pergamenata, e tuttavia alcuni caseifici mantengono la legatura esterna con foglie verdi, che in tal caso assumono la funzione accessoria di indicatori naturali di freschezza. La Burrata, goloso unicum di contenitore e contenuto entrambi edibili, presenta una superficie esterna liscia e lucida, di colore tra il porcellana e il bianco-avorio, chiusa all’apice da un nodo un poco più spesso. L’interno ha consistenza morbida e cremosa, con profumo di fermenti lattici e panna fresca; di sapore delicato nonostante l’amalgama della panna, risulta al palato in buon equilibrio fra tendenza dolce, garbata sapidità e lievissimo acidulo. Da accompagnare con pane di Matera o di Altamura. L’elevato tenore di umidità interna rende la Burrata particolarmente vulnerabile ai batteri; per questo è consigliabile consumarla freschissima, possibilmente entro 24-48 ore al massimo dalla produzione, tralasciando le imitazioni industriali dei supermercati che, grazie ai conservanti, promettono shelf-life più lunghe. Igp in fase di riconoscimento. I migliori indirizzi li trovate nel “triangolo d’oro” Gioia del Colle- Corato- Andria. La Cooperativa caseificio pugliese è al km. 49,500 della SP 231, a una dozzina di chilometri dalle cantine Rivera. Il Marese 2011, da Bombino in purezza, risulta di impeccabile tenuta aromatica, e sostiene colla sua sapidità ogni boccone, rinfrescando e detergendo con misurato garbo alcolico.

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