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B come brazadela
Pubblicato il 14/12/2012
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A Bologna e a Ferrara si dice che questa ciambella delle feste debba il suo nome all’uso di servirla infilata al braccio destro, mentre col sinistro si versava il vino. Ipotesi suggestiva, ma scomoda e macchinosa da mettere in pratica. In verità, di pani a ciambella, dolci o meno, ve ne sono infiniti esempi nel mondo mediterraneo, dal Pan boslà dei pescatori goranti e chioggiotti fino al Simit turco coi semi di sesamo. Con evidenti vantaggi per la facilità di stoccaggio (infilati a collana o su un’asta non cadono, anche a bordo di un peschereccio o su un carretto) e di porzionatura (si sbocconcellano seguendo il diametro). Brazadela sta a indicare semplicemente la dimensione inconsueta del buco centrale, tale da potervi infilare un braccio, ma è peraltro vero che in alcune varianti il buco… scompare, anche se tutti continuano a chiamare Ciambella questo dolce tondeggiante. È comunque ricetta molto antica, con ogni probabilità risalente al XIII secolo, antecedente, perciò, alla rinomata corte Estense. Nella tradizione ferrarese, la Brazadela sostituisce il Pan di Spagna come base per dolci; è un classico, ad esempio, la Zuppa Inglese fatta in casa con Brazadela bagnata nell’alchermes. L’aspetto è comunque quello di una maxiciambella formato famiglia, spessa ma friabile, profumata di limone e cosparsa in superficie di granelli di zucchero, da servire a fettine, accompagnando con Fortana dolce del Bosco Eliceo a base dell’omonimo vitigno. Le pasticcerie di Ferrara ne preparano anche una versione moderna bicolore, ottenuta aggiungendo cacao a una parte dell’impasto. Nelle campagne era d’uso regalarne una pila ai cresimandi. L'impasto era quasi uguale a quello di oggi, solo un po’ di più sodo (con meno latte), al posto del burro si usava lo strutto (“al gràs del ninén”) e si cuocevano nei grandi forni a legna dove ogni famiglia cuoceva il pane (in forno già caldo, bastano 30 minuti a 180°). Una volta raffreddate, si impilavano a piramide, dalla più grande alla più piccola, legando con un nastro colorato. Nasce come dolce povero: calcolare al massimo 4 uova per un chilo di farina, 300 grammi di zucchero, 150 di burro e un bicchiere di latte per ammorbidire l’impasto. Profumare grattando la scorza di un limone non trattato. Analoghi il Bensone o Balsòn del Modenese o la Bresadéla reggiana.
 

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