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B come bicciolani
Pubblicato il 28/09/2012
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Avrebbe origini rinascimentali questo gustoso biscotto di pastafrolla tipico del Vercellese (e “biciulàn” è nomignolo dato ai varsléis, ai vercellesi). La moderna ricetta, però, è stata codificata a inizio Ottocento da Carlo Provenzale, panettiere a Crescentino e dalla pasticcera Teresa Flecchia. A forma rettangolare e appiattita,  i Bicciolani presentano sul lato superiore caratteristiche righe parallele, formate con la parte dentata della siringa da pasticciere con cui viene distribuito l’impasto sulla placca da forno. Gli ingredienti di base sono farina di grano tenero (da integrare o meno con fecola di patate), burro, zucchero (c’è chi utilizza il miele) e uova ( intere e tuorlo), con l’aggiunta di una miscela di spezie in cui prevale la cannella, ma comprendente anche noce moscata, cardamomo, coriandolo, chiodi di garofano e pepe. A fine cottura risultano piuttosto scuri, e la loro fragranza speziata ricorda in qualche modo il Pain d’épice alsaziano. La Pasticceria Follis in Strada Torino e in Corso Libertà vanta una ricetta immutata dal 1904. Alcune pasticcerie ne confezionano varianti moderne al cioccolato o al limone. Secondo alcuni, i Bicciolani sarebbero nati da un’imitazione di dolci arabi, o più probabilmente dal riutilizzo di un pasticcio a base di cacciagione abbondantemente speziato e zuccherato come usava nel Rinascimento. Tipici di festività e ricorrenze, oggi si producono tutto l’anno. Nel quotidiano, sono ottimi biscotti da colazione, da accompagnare a tè profumati e aromatici e alla cioccolata calda, ma anche a un Erbaluce di Caluso Passito o a prodotti più particolari, come il raro Moscato Chinato prodotto da Sergio Gozzelino. I Bicciolani sono inseriti nell’elenco dei “prodotti tradizionali”, (Pat ) le cui metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura risultano consolidate nel tempo e sono praticate sul proprio territorio in maniera omogenea e secondo regole tradizionali per un periodo non inferiore ai venticinque anni. Bicciolano era anche il soprannome di Carlin Belletti, leggendario paladino del popolo di età napoleonica, la cui voce si levava alta e forte dal rione di Porta Milano per denunciare soprusi e ingiustizie. Arguto motteggiatore pronto a mettere alla berlina i vizi dei potenti (Egalité, fraternité, lur in carosa e nui a pé), si identifica oggi con la maschera cittadina del Carnevale, in coppia con la figura femminile della Bella Majin.

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