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Nell'Alto Salento, alla scoperta del Patriglione
Pubblicato il 23/03/2012
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Spesso mi ritornano in mente alcune frasi di mio padre, contadino, tanto invidioso dei suoi colleghi che producevano vino per proprio conto, che dopo l’arrivo della sospirata pensione comprò un piccolo appezzamento vitato e sorridendo mi diceva: “un giorno, produrrò dei vini che faranno invidia anche a Mimmo, quello di Guagnano”.

Mimmo era Cosimo Taurino, farmacologo di professione, ma conosciuto in Italia e in tutto il mondo come un grande vignaiolo, proprietario della cantina che, di fatto, ha introdotto un nuovo metodo di vinificazione nel territorio dell’alto Salento, fino ad allora sfruttato per la produzione di vini sfusi e da taglio.

Figlio unico di una famiglia da sempre dedita alla produzione di vino, nei primi anni Settanta, dopo aver conseguito la laurea in Farmacologia, Cosimo Taurino decise di modificare l’assetto produttivo della cantina del padre, incominciando a imbottigliare modeste quantità di vino. Primo tentativo commerciale: il Notarpanaro 1970.

La vera svolta arriva con l’incontro di Severino Garofano, enotecnico, che lo sostiene tenacemente nella nuova avventura e con cui partecipa, affermandosi in numerosi concorsi, fino a quando importanti recensioni cominciarono a comparire sul Corriere della Sera e su alcuni articoli di Luigi Veronelli.

Nel 1975 avviene, casualmente, la scoperta da cui nasce il Patriglione. Severino racconta che un giorno si accorse di una vasca che presentava una strana irregolarità, una fermentazione lenta a causa dei residui eccessivi di zucchero. In quelle condizioni decise che quel prodotto non era più valido per la tipologia di vino da taglio. Alcuni clienti toscani, intuita la validità del prodotto, erano intenzionati ad acquistarlo a prescindere dall’esito della lavorazione. Severino convinse la famiglia Taurino a non vendere. La vendemmia ritardata, infatti, aveva provocato un lieve appassimento delle uve in pianta ed il mosto, dopo la pigiatura, rimase a contatto con le bucce per quattro giorni. La fermentazione in cisterne vetrificate a temperatura controllata e l’elevazione per un anno in piccole botti di Allier completarono poi l’opera.

Prodotto solo nelle migliori annate da uve Negroamaro al 90% e Malvasia Nera al 10%, il Patriglione viene commercializzato dopo sei anni dalla vendemmia. Recentemente abbiamo degustato il millesimo 1994, la prima annata uscita dopo la scomparsa di Cosimo Taurino nel 1999. Davvero un grande Rosso di territorio, capace di gratificare un uomo forte, che con la sua caparbietà ha voluto rendere concreto quel sogno che tante persone, come mio padre Alfredo, hanno tentato di realizzare.

Veste di colore granato, luminoso e di grande consistenza. Al naso è raffinato e tipico, con un ricco ventaglio olfattivo di macchia mediterranea, more, prugne mature e mirto. Si apre poi a note di resina, terra bruciata, spezie scure e mallo di noce, tutto su un elegante sottofondo minerale e balsamico. Il gusto, agile e potente, è percorso da un’ottima freschezza, ben bilanciata nel finale da tannini maturi e vellutati. Lunga la persistenza. Da bere su un maialino da latte al forno.

 

Taurino

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