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A come Amaretto
Pubblicato il 30/12/2011
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Voce ambivalente, riconducibile sia all’arte pasticcera che alla liquoristica. Nel primo caso va registrata la diffusione in più regioni (Piemonte, Liguria, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Marche, Lazio, Abruzzo) dei tipici biscottini, più o meno tondeggianti, a base di mandorle dolci e amare, zucchero e albume denominati, appunto, amaretti. Nati, verosimilmente, nella Venezia del Rinascimento o secondo altri alla corte dei Savoia, possono essere secchi o morbidi, talvolta arricchiti da ostia e zucchero a velo o in granella, ma l’equilibrio dolce-amaro resta una costante. Tra le numerose località che vantano una ricetta locale, spiccano le piemontesi Mombaruzzo e Gavi (ma anche Strevi, Orta, Arona e Castellamonte presso Torino), mentre in Lombardia Saronno è culla del brand più famoso. Particolarmente soffici gli amaretti liguri di Sassello, al pari degli emiliani di Spilamberto, mentre mantengono connotati rustici le tipologie marchigiane, abruzzesi e ciociare nel Lazio meridionale (Fiuggi, Veroli, Guarcino). Simili, ma non troppo, i Macarons franco-belgi, decisamente più dolci. Abbinamento felice con Moscato passito di varie regioni, da Terracina all’Apianae molisano o al Fior d’Arancio dei Colli Euganei. Una curiosità: gli Amaretti di Mombaruzzo passati nel latte, panati e fritti sono ingrediente canonico del gran fritto misto alla piemontese. Amaretto di Saronno (ora sull’etichetta Disaronno) è invece prodotto di punta della ILLVA, Industria Lombarda Liquori, Vini e Affini, holding della famiglia Reina cui fanno capo anche le siciliane Corvo e Florio. Basato su antichissima ricetta rinascimentale, ha gusto particolarissimo di mandorle amare, marzapane e caramello; ricercato da estimatori di tutto il mondo, si beve in ogni stagione come aperitivo o digestivo, ed entra in numerosi cocktail, quali Vanity e French Connection.

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