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Un vino per un Capitano
Pubblicato il 28/02/2014
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Diba, un nettare dolce dedicato ad Agostino Di Bartolomei, sportivo di altri tempi e uomo di poche parole, che nel suo cupo romanticismo era esempio di correttezza e di rigore. Stefano Rizzi, romanissimo di nascita e oggi maremmano d’adozione, ha voluto dedicare questo vino all’indimenticato campione, che in anni memorabili ha reso ogni domenica dei tifosi romani una grande festa. Diba - così era soprannominato il Capitano dell’Associazione Sportiva Roma da fine degli anni ’70 al 1984 - è stato per tanti, come per Stefano, un faro nell’adolescenza e un’icona positiva. Ago fu anche il condottiero che portò la Roma al tricolore nel 1983 e, con la stessa maglia, conquistò per tre volte la Coppa Italia.

Dopo la disfatta della finale della Coppa dei Campioni, persa ai calci di rigore contro il Liverpool, il calciatore seguì Mister Liedholm al Milan, rammaricandosi più volte che la sua amata squadra non avesse voluto trattenerlo. Dopo dieci anni esatti quello sfortunato match di Coppa Campioni, quando nemmeno il suo tiro funambolico bastò a vincere la partita, Diba se ne è andato, togliendosi la vita a soli 39 anni, lasciando l’ambiente giallorosso incredulo e cosciente di aver perso, stavolta per sempre, un grande capitano.

La sua è la storia di un uomo dalla personalità fragile, così legato alla maglia da non sopportarne l’allontanamento, condannato a vivere nella “realtà porosa” di chi pattina su uno strato di ghiaccio oltremodo sottile, che ci viene raccontata appassionatamente dalla voce e dalla bottiglia di Stefano Rizzi, appassionato produttore fattosi da solo tra gli Stati Uniti e la Maremma Grossetana, prima come responsabile di importanti realtà vitivinicole poi nelle vesti di vigneron.

Non è un caso che il Diba sia un vino di sfida, nato dopo che Stefano, insieme al grande Gino Veronelli ebbe assaggiato, anni orsono, il Riesling Auslese Kiedricher Gräfenberg del millesimo 1967 di Robert Weil, rimanendone entusiasta. Il passito maremmano è vicino al fuoriclasse teutonico, se non altro per originalità di sensazioni organolettiche e per difficoltà di reperimento: il Diba non è commercializzato ma acquistabile soltanto in aste il cui ricavato va per l’attuazione di progetti a favore dei più deboli.

Ottenuto da grappoli di Sangiovese selezionati, ai quali viene praticata un’incisione sul pistillo per bloccare le funzioni di nutrimento e favorire la concentrazione e l’appassimento in pianta. La raccolta è effettuata tra fine Novembre e i primi di Dicembre. Dopo la fermentazione svolta in inox per mezzo di lieviti autoctoni e breve decantazione, il vino matura in botticelle di rovere da 100 litri per 5 anni; segue un ulteriore anno di affinamento in bottiglia.

Colore particolarissimo, corniola con riflessi rame. Naso vaporoso e davvero raffinato, su toni graziosi di caramelle inglesi alla frutta e ancor più dolci di confettura di fragole, un’indole eterea prevedibile, accenni di albicocche disidratate, marron glacée, fino a ricordi floreali. Al sorso incanta per dolcezza e ancor più per la precisione con cui le note olfattive, che ritornano, e il calore si amalgamano. È un vino solido e cremoso, capace di tessere una trama gustativa delicata ma non priva di adeguata tensione. L’estensione della lunghezza è incredibile e rigogliosa di toni

fruttati. Da sorseggiare mentre ci si perde tra le pagine del libro “L’ultima partita. Vittoria e sconfitta di Agostino Di Bartolomei” (di Bianconcini/Salerno edito da Fandango Libri, 2010), un omaggio al calcio romantico, tanto lontano dalla spettacolarizzazione dello sport attuale. 

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