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C come cavoletti di Bruxelles
Pubblicato il 21/02/2014
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Fuor di metafora, son questi i proverbiali “cavoletti amari”, che senza mezze misure si amano o si detestano. Non si direbbe, ma questo ortaggio mignon da casa delle bambole vanta una storia illustre, legata alla capitale belga fin dal tredicesimo secolo, quando tutto intorno alla cinta muraria originaria fino all’odierno comune periferico di Saint Gilles si sviluppano colture orticole atte a far fronte all’accresciuto numero degli abitanti, da allora soprannominati “Kuulkappers”, ossia tagliatori di cavoli. A partire dal Cinque-Seicento ne è conquistata anche l’Olanda, oggi al secondo posto per produzione con 98.000 tonnellate annue, alle spalle del Regno Unito, leader con 166.000 (record anche dei consumi, 3,5 chili pro capite). Il Belgio è al terzo posto, con una produzione di 39.000 tonnellate, seguito da Francia, Spagna e Italia (7.000 tonnellate la produzione nostrana, concentrata soprattutto nel nord-est). Il Cavolo di Bruxelles, pianta erbacea bisannuale, appartiene alla vasta famiglia dei cavoli, Brassica oleracea, varietà Gemmifera, secondo alcuni studiosi derivata da varietà denominata « chou de Milan ». La sua peculiarità si manifesta a partire dal secondo anno, quando il gambo floreale alto circa un metro, spesso e solido, si ricopre di boccioli ascellari di 3-4 centimetri di diametro, formati da arrotondate foglioline verde brillante aderenti le une alle altre, popolarmente detti Cavolini o Cavoletti. Ciascun gambo può portarne, a seconda della varietà, da venti a sessanta, e la raccolta si fa scalarmente da settembre ai primi di marzo, cominciando dai boccioli inferiori, che maturano prima. Esattamente come accade per le verze nostrane, si usa dire che la brina invernale li renda più dolci e croccanti. Le diverse cultivar dai nomi suggestivi si differenziano per epoca di maturazione. Tra le precoci da fine settembre a novembre: Asgard, Cor, Lunet, Mallard, Nicoline, Porter, Riga e Precoce di Fontenay. Le medio-tardive vanno invece da novembre a dicembre, e rispondono ai  nomi di Citadelle, Héraclès, Kundry, Odessa, Pilar, Rampart e Tornado, mentre fra le tardive (gennaio-marzo) si annoverano Content, Edmund, Stat, Gabion, Igor, Lauris e Pinacle. La Rubine, cultivar inglese, si segnala per la particolare tinta rosso-violacea.  Tutte, indistintamente, sono vere e proprie miniere di benefici per l’organismo, in virtù dell’elevato tenore di vitamine A, C, B1, B7, B 9 (acido folico) e fibra, in massima parte insolubile. Inoltre, avendo l’accortezza di non cuocerli troppo a lungo,  i Cavoletti di Bruxelles si rivelano preziosi alleati della nostra salute, al pari di tutte le Brassicacee (o Crocifere, secondo la vecchia menzione), proprio per quei composti solforati (responsabili del caratteristico, e purtroppo non sempre gradito odore) che esplicano una formidabile azione antidegenerativa e antiossidante, tanto da farli considerare l’alimento ideale nel quadro di una strategia di prevenzione anticancro. I  Cavoletti migliori sono quelli di piccolo calibro (“sprôtjes”li chiamano qui), con foglie verde brillante bene aderenti, a volte con sfumature turchine, turgidi e senza macchie, né cenni di ingiallimento. Benché non sia prassi comune in Italia, vengono a volte commercializzati con tutto il fusto o porzione di esso, al fine di prolungarne il periodo di conservabilità, altrimenti limitato a pochi giorni. Le cotture brevi (al vapore o nel microonde) contribuiscono a mantenerne intatte le prerogative benefiche. I Cavoletti di Bruxelles si prestano bene a molteplici preparazioni, sia sfilettati crudi a mo’ di antipasto con scaglie di parmigiano e vinaigrette balsamica, che saltati in padella con bacon, gratinati in forno, in tortino con uova e patate o come contorno a carni bianche e pesce al forno. Sfidano senza problemi sapori forti e affumicati. Semplicemente ripassati al burro, con una punta di mostarda di Digione all’antica, accompagnano bene formaggi tipici come Boû d’Fagne o Pié d’Angloys. Ideale, in tal caso, l’elegante e pieno Fiorfiore della tuderte Cantina Roccafiore a base Grechetto, mellito, circonfuso di zenzero e butterscotch, pingue ma fresco e vitale al tempo stesso.

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