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C come ciambotta
Pubblicato il 31/01/2014
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Detta anche Cianfotta o Ciammotta o Ciabotta, è uno stufato di verdure tipico del nostro Mezzogiorno peninsulare, con numerose varianti intraregionali. Tra gli ingredienti base rientrano solitamente melanzane, zucchine e peperoni, spesso patate, con o senza pomodori, talvolta zucca, carote, fagiolini e persino prugne, il tutto direttamente spadellato o a volte rosolato e poi lasciato stufare lentamente in coccio assieme a cipolla, aglio ed erbe aromatiche. La variante sorrentina, con capperi, olive e vino bianco, è invece rifinita in forno. Tra le preparazioni più ricche e complete troviamo la Cianfotta napoletana, che riutilizza il manzo bollito, la Ciambotta lucana con salsiccia e uova, e quella pugliese dei pescatori, che recupera pesce e frutti di mare invenduti o non commerciabili; una modesta quota di proteine non animali entra anche nella Ciambotta calabrese, cosparsa di ricotta salata a scaglie. Appetitosa e invitante anche per l’aspetto multicolore, la Ciambotta resta comunque un piatto povero, compendio di risorse dell’orto, adatto ad ogni periodo dell’anno, con l’unica eccezione, forse, della Ciambotta ventotenese, composta di verdure stagionali come piselli, carciofi, fave e asparagi, a somiglianza della Vignarola laziale. La Ciambotta può configurarsi come antipasto, piatto unico o anche contorno, a seconda di come viene preparata e servita. D’inverno, ad esempio, può sostituire una zuppa se si serve calda con un giro d’olio novello, magari lasciando l’intingolo un po’ brodoso per potervi intingere il pane;  d’estate, aggiungendo abbondante basilico spezzettato, è equiparabile a un’ insalata, ancora più rinfrescante se servita direttamente a temperatura frigo. Le patate connotano in particolar modo la versione abruzzese e quella cilentana, probabilmente la più archetipica, a base di verdure saporitissime del Parco del Cilento e del Vallo di Diano, irrorate di extravergine da cultivar Pisciottana. Alla Ciambotta cilentana si appassiona fin dagli anni Settanta un certo turismo d’élite legato al Club Med di Palinuro e al villaggio Touring di Marina di Camerota, ed è la fortuna di  locali come Carmelo a Palinuro e della Cantina del Marchese e di Valentone, questi ultimi entrambi nel borgo marinaro di Camerota. A poca distanza ci sono Ascea, culla della scuola filosofica eleatica, e Pioppi-Pollica, epicentro della dieta mediterranea teorizzata da Ancel Keys, che qui si trasferì e morì più che centenario. Il Cilento, primo parco mediterraneo riconosciuto dall’UNESCO Patrimonio dell’Umanità, in quanto “paesaggio culturale” di rilevanza mondiale, è un vero e proprio giacimento di biodiversità, fondamento primo dell’alto pregio organolettico e della salubrità dei suoi prodotti tipici, elaborati e perpetuati nei secoli in seno a una civiltà dalle radici millenarie, chiave di volta tra diverse culture. Inevitabile, pertanto, che ogni ricetta risplenda di un’aura di monumentum senza paragoni nel mondo mediterraneo. In omaggio a tale assunto, l’autentica Ciambotta cilentana va preparata con ingredienti freschissimi e con cura, rimescolando il meno possibile e  salando solo a fine cottura, al fine di mantenere la vivacità dei colori e preservare la croccantezza delle verdure. Le “Ricette del Cilento” di Luciano Pignataro ne cita sei diverse, tra le quali è particolarmente interessante la versione con origano e caprino della signora Rita Prisco, di San Mauro la Bruca, che raccomanda di  servire “la Ciambotta con pane integrale biscottato, perché questo era il modo dei contadini di consumarla in campagna”. Repertoriate per noi da un appassionato ricercatore come Enzo Crivella di Sapri, sono pietanze affini (e non a caso omofone) la Ciamardola di Torre Orsaia, il Ciauliello ebolitano e la Ciauredda di verdure essiccate. In accompagnamento a Ciambotta e confratelli, fa scintille il Getis, Tramonti rosato di Gigino Reale, appena duemila bottiglie da vigne a piede franco di Aglianico e Tintore. 

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