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C come castagne
Pubblicato il 03/05/2013
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Dopo la vite e l’olivo, la terza coltura arborea del nostro paese è il castagno. Fonte preziosa non soltanto di risorse alimentari, ma anche di ottimo materiale da costruzione: i pali di castagno sono, ad esempio, particolarmente idonei per la palificazione in vigna, dato che non si deformano e resistono molto bene anche all’umidità, tanto che i Dogi sfruttarono, per le fondazioni di Venezia, i castagneti del Cansiglio. Milioni e milioni di tronchi trasportati via fiume (il Piave) fino in laguna. Le foglie di castagno diventavano strame per bestiame o imbottitura per pagliericci, la corteccia ricchissima di tannini si usava in infusi febbrifughi, ma soprattutto rappresentava un’ottima concia naturale per la lavorazione delle pelli, mentre con i numerosi polloni eliminati ogni primavera si intrecciavano cesti e altri oggetti. Con i rami più sottili si confezionavano fascine per alimentare il fuoco nei camini o nei forni da pane, secondo quanto sancito dal disciplinare del Genzano Igp, che presenta infatti crosta particolarmente croccante, brunita e aromatica, in netto contrasto col candido e soffice interno a occhiatura morbida. Inoltre era frequente, specie nel Mezzogiorno, imbattersi in un vino maturato in grandi botti di castagno, riconoscibile dal caratteristico profumo, piuttosto invasivo anche quando le botti stesse erano abbonite con acqua tiepida, onde eliminare almeno una parte dei tannini. Il miele di castagno, scuro e forte, ha sapore deciso e inconfondibile. Quanto al frutto, poi, non a caso è detto “pane dei poveri”, per l'alto tenore in carboidrati e per la possibilità di trarne sfarinati ottimi per confezionare pasta, pane e dolci, il più noto dei quali è il Castagnaccio. Le castagne si possono consumare in molti modi: lessate, arrostite (le popolari Caldarroste) oppure cotte nel latte con foglia d'alloro, o ancora nel vino rosso. La purea di castagne si spalma sul pane o si impiega in dolci come il celebre Mont-Blanc. Le castagne di grande pezzatura, da boschi appositamente coltivati, prendono il nome di Marroni, riconoscibili non solo per le maggiori dimensioni, ma anche per l'assenza di pellicine interstiziali interne, e sono particolarmente idonei alla canditura (i deliziosi Marrons glacés). In Francia hanno fama i Marrons del’Ardèche, nel Midi, mentre da noi i marchi di tutela sono distribuiti un po' in tutta la penisola, dal Piemonte alla Calabria. Alla Campania spetta il record produttivo fra le regioni, e si trova in Sicilia, sulle pendici etnee, il Castagno dei Cento Cavalli, ritenuto se non l’esemplare più grande del mondo, certamente uno dei più antichi. Le castagne si conservano a lungo essiccate e magari affumicate, come ancor oggi usa sull'Appennino Ligure. L’abbinamento vino-castagne è un classico delle ottobrate e del primo autunno, in concomitanza con la fine dei lavori agricoli e la prima spillatura del vino nuovo. Particolarmente felici gli accostamenti con vini poco tannici, ma freschi e vivaci, come la Freisa del Monferrato o la Bonarda giovane, o ancora la Cagnina di Romagna, il Cesanese di Olevano Romano e la Vernaccia di Serrapetrona dolce.

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