Bibenda
Bibenda, per rendere più seducenti la cultura e l’immagine del vino.
Visualizza tutte le notizie
Il vino del Papa
Pubblicato il 07/12/2012
Fotografia

… e quella faccia / di là da lui più che l’altre trapunta / ebbe la Santa Chiesa in le sue braccia:dal Torso fu, e purga per digiuno / l’anguille di Bolsena e la vernaccia. (Dante, Purgatorio XXIV 20-24)

Inesorabilmente si citano questi notissimi versi del Sommo Poeta quando si parla della Vernaccia di San Gimignano, soprattutto per accreditarne l’antica presenza in territorio toscano. Ma quella che Dante chiamò “vernaccia” - con ogni probabilità parola derivante dall’aggettivo latino vernaculus (= indigeno) - era davvero l’uva che ancora oggi chiamiamo con tale nome? La vittima che l’Alighieri colloca nella cornice dei golosi era il francese Simon de Brion, già canonico e tesoriere di Tour (= dal Torso), poi papa dal 1281 al 1285 con il nome di Martino IV. In realtà, nella vernaccia di Dante, vino nel quale Martino IV annegava le prelibate anguille del lago di Bolsena, peccato di gola che lo avrebbe condotto alla morte per indigestione, alcuni studiosi moderni hanno riconosciuto non l’attuale DOCG toscana, bensì la tradizionalissima Cannaiola di Marta. In effetti Simon, voluto a tutti i costi sul soglio pontificio dal re di Francia Carlo d’Angiò e proprio per questo inviso ai romani, fu incoronato a Orvieto ed elesse a sua residenza preferita Montefiascone (VT), paese a soli 9 km da Marta.

Dante e Martino IV a parte, la Cannaiola è uno dei tanti piccoli gioielli che hanno illuminato nel tempo gli usi e le tradizioni nascoste in ogni angolo d’Italia. Variamente interpretata l’etimologia del nome: canaiuola, perché le uve mature erano gradite persino ai cani, secondo alcuni; per altri il nome si dovrebbe connettere ai caniculares, ai caldi giorni dell’invaiatura. Più verosimile la derivazione dalle canne del lago di Bolsena, con le quali si tenevano dritte le vigne. Antonio Castelli e sua figlia Debora, titolari di una piccola e attivissima azienda agricola di Marta, dopo anni di scrupolose ricerche, sono riusciti a riprodurre quella che a loro avviso corrisponde alla cannaiola originaria, estratta dal vitigno Canaiolo Nero, da sempre molto diffuso sulle colline attorno al lago di Bolsena, in particolare in una zona particolarmente vocata del comprensorio martano, chiamata Rosicasasso.

L’effige e il nome di Martino IV contraddistinguono ancora la Cannaiola di Marta Colli Etruschi Viterbesi DOC, vino che si propone come superba sintesi storico-culturale di questo territorio, reinterpretando il nettare del papa francese con criteri enologici rigorosi, per un mirabile connubio di tradizione e modernità. Di intenso colore rubino, profuma di marasca matura e violette di campo, di erba di sfalcio e humus, Il sorso è suadente e delicatamente amabile, sostenuto da un’acidità vibrante e da un caldo abbraccio alcolico. Si beve con gradevole facilità, soprattutto se mantenuto al di sotto dei 16°. Ci piace immaginarlo sulla tavola aristocratica di Martino IV, ma ancor di più collocarlo concretamente sul desco dei giorni di festa, per accompagnare il coregone in umido tipico della zona, come anche i tozzetti e la pasticceria secca locale.

Azienda Agricola Castelli
Via Cairoli,15
01010 Marta (VT)
Tel. 340 9745438 - 328 6223109
www.aziendagricolacastelli.it
info@aziendagricolacastelli.it 

© RIPRODUZIONE RISERVATA