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B come borzat
Pubblicato il 02/11/2012
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L’Alta Valtellina, in provincia di Sondrio, è decisamente un luogo particolare. Siamo al di là della linea di displuvio delle Alpi, presso il torrente Spöl (localmente Aqua Granda), affluente dell'Inn, a sua volta tributario del Danubio: per questo, l’Italiaè tra i paesi membri rappresentati dall’authority danubiana e, pur non essendo paese balcanico o mitteleuropeo, le nostre imbarcazioni sono esenti da diritti di navigazione sino al Mar Nero. A Livigno, ultimo comune prima del confine svizzero a un’altitudine tra i 1.800 e i 2.250 metri, c’è l’abitudine storica di organizzarsi durante l’inverno per la sopravvivenza in alta quota, quando i passi erano impraticabili per le nevicate (qui si toccano punte record di 28 gradi sotto zero). Prima del 1953, anno di apertura del Passo del Foscagno, la valle rimaneva isolata per mesi, ed era necessario accumulare provviste per garantirsi la sopravvivenza. Livigno ha sempre goduto, storicamente, di particolari franchigie. Oggi, ad attrarre consistenti flussi turistici non sono soltanto le attrezzature sciistiche permanenti che le hanno valso il soprannome di “piccolo Tibet”, ma anche e soprattutto lo status di zona franca extradoganale: merci e carburante sono esenti da Iva, e lo shopping è perciò particolarmente conveniente, anche per quanto riguarda gastronomia e specialità alimentari locali. Tra esse, il Borzàt o Borsat è un insaccato di carne di pecora, prodotto esclusivamente nel territorio comunale. L’aspetto è quello di una “borsetta” rettangolare, una sorta di mattonella ricoperta di pelle di pecora cucita a mano, raschiata a coltello in superficie e accostata alla brace per ripulirla dalla lanugine, ripiena di carne ovina dal colore rosso scuro, tendente al bruno; a seconda delle dimensioni, il peso varia fra uno e tre chili. L’allevamento ovino è sempre stato una risorsa importante per i comuni dell’Alta Valle, che commerciavano in lana con i Grigioni e con la Repubblica di Venezia, ottenendo in cambio prezioso sale e spezie per aromatizzare le carni. Il baratto con Poschiavo e Tirano fruttava invece cereali e vino. In passato, il Borzat si conservava sotto grasso nei “brentèl” in terracotta smaltata, oggi tale consuetudine è venuta meno, e il prodotto, arricchito con aglio, vino rosso, pepe, cannella e aromi, viene consumato previa bollitura di due-tre ore, come fosse un cotechino, servendolo poi a fette. Dal gusto intenso e caratteristico, il Borzat si accompagna bene a crostoni di polenta o come antipasto agli Sciatt, le caratteristiche frittelle tonde di grano saraceno. Canonico l’abbinamento con un Valtellina tradizionale come quello prodotto dall’azienda Le Strie, in prevalenza Chiavennasca con piccolo saldo di Pignola, Brugnola, Rossola.

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