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B come Bagel
Pubblicato il 08/06/2012
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Il bagel (in Yiddish beygl) è il pane tradizionale delle comunità ebraiche nordamericane e del Regno Unito, a forma di ciambella, bollito brevemente in acqua e poi infornato dopo averne cosparso la superficie di semi di sesamo o di papavero. Suggestivo, ma puramente leggendario, il racconto delle origini, legate alla minaccia turca contro Vienna del 1683 e al provvidenziale intervento del sovrano polacco Jan III Sobieski, che coi suoi ventimila cavalieri letteralmente travolse la cavalleria nemica grazie all’innovazione delle staffe, che permettevano di rimanere più saldamente in arcione. In segno di omaggio e di riconoscenza per lo scampato pericolo, un fornaio ebreo avrebbe dedicato al re valente cavaliere un pane ad anello, più schiacciato a una estremità, proprio come una staffa da sella, in tedesco Bügel, poi divenuto bagel presso i nordamericani per i quali è ostica la “ü” germanica. In realtà, il bagel era stato inventato molto prima proprio in Polonia, visto che nel 1610 i Regolamenti della città di Cracovia già citano un pane chiamato bajgiel,offerto alle partorienti come dono rituale (la forma ad anello simboleggia il ciclo della vita). Già nella Londra di metà Ottocento i beigel bakers di Brick Lane e dell’East End impilano la loro mercanzia su bacchette di legno, mentre ai primi del secolo successivo il bagel sbarca in America, al seguito degli ebrei russi e polacchi e ben presto, per le comunità di New York, Chicago e Montréal, assurge a piccolo pane della memoria. Un pane errante perfino nello spazio: nel 2008  l’astronauta canadese Gregory Chamitoff si è imbarcato sulla Space Shuttle con tre mezze dozzine di bagel al sesamo. Ma non manca un ristoratore californiano convinto che il bagel sia invenzione aliena, miniatura di un Ufo. Per forma, sono numerosi i prodotti da forno affini sparsi su tutto il pianeta: dai bialys ebraici (non bolliti e con incavo al posto del buco) ai simit turchi, dai bublik russi ai baranki slavi e ai covrigi rumeni, più piccoli i vesirinkeli finnici e i restiainiai lituani; sempre bolliti, ma di forma diversa, sono i pretzel germanici e i nostri taralli pugliesi.

Due grandi metropoli rivaleggiano sul piano internazionale, New York e Montréal. Il bagel della Grande Mela è in genere più salato, gonfio e croccante, mentre il canadese, più soffice, vira al dolce per il malto aggiunto e l’acqua profumata al miele. Fairmount Bagel, a Montréal, fondato nel 1919, sforna 24 ore su 24, al pari del Saint-Viateur bagel shop, nella via omonima. I bagel con formaggio cremoso come il Vacherin o col salmone affumicato sono capisaldi della cucina ebraica d’America e dello street food. A New York si può andare da Katz’s (205 E Houston St), il più antico deli, per un bagel al pastrami(era qui che la Meg Ryan di Harry ti presento Sally simulava l’orgasmo) oppure, per una dimensione più artigianale, da David’s (1Ave, tra 19ma e 20ma). Accanto ai piccoli, colossi come Lender’s Bagel o Pepperidge Farm. Il fatturato dei primi otto brand industriali Usa è impressionante: nel 2008 hanno realizzato 430.185.378 dollari, a fronte di 142.669.901 pezzi, per una media di tre dollari a pezzo. A Londra e a Manchester si va da Tesco e Morrisons (bagel meno gommosi degli Usa), mentre  in Giappone, ormai da un decennio, è in gran voga BagelK, sbarcato da New York. A Strasburgo, al 5 di Rue Saint-Etienne, Parigi c’è Bagelstein, in alternativa al parigino Bagel Tom, 12 di rue Volta, nel Marais. In Italia, patria della pizza e dei mille pani, il bagel rimane per lo più illustre sconosciuto. Ma qualcosa si muove, se perfino la Gdo se ne è interessata (Esselunga, Superpolo, Lidl). Meglio, in ogni caso, Milano, con The Bagel Factory a Piazza XXIV Maggio, mentre a Roma The Perfect Bun a Piazza Paradiso (Piazza Navona) rimane su scala artigianale.

 

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