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B come baguette
Pubblicato il 01/06/2012
Fotografia

Più che un pane, un’icona, un totem universale di francesità al pari del basco, delle Gitanes e della Citroën Dyane. Apparentemente in declino, ma non poi così tanto se l’export, appannaggio industriale, viaggia sulle 155.000 tonnellate annue. E’Napoleone III a codificarne le misure standard: peso 250-300 grammi, lunghezza 55- 65 centimetri per 5- 6 di diametro. La crosta dev’essere sottile, dorata e croccante, in netto contrasto col cuore di mollica bianca morbida e finemente alveolata ; a una pressione delle dita, deve risultare elastica e tornare subito alla forma originaria, altrimenti la freschezza lascia a desiderare. Bella da esibire sul Métro o addirittura in bicicletta, fa inorridire gli igienisti perché non viene mai incartata, salvo un rettangolino di velina per tenerla in mano. La baguette è figlia dei principi egualitari della Rivoluzione, come si evince da un decreto della Convenzione (15 novembre 1793) che ordina: « Al fine di abolire ogni distinzione tra classi economiche , non vi sarà più un pane di fior di farina per i ricchi e un pane di crusca per i poveri. Tutti i fornai dovranno, pena il carcere, produrre una sola tipologia: il Pane Égalité ». Secondo altra ipotesi, la baguette, forse adattamento del pane viennese, sarebbe invece legata a motivazioni di ordine pubblico: un pane da spezzare con le mani eliminava la necessità del coltello, limitando la pericolosità delle risse tra operai bretoni o guasconi quando si incontravano nel métro. In realtà, il « pain mollet » bianco, morbido e tondo, lavorato col lievito di birra, era apprezzato fin dal Medio Evo, ma è tuttavia con la Belle Epoque che si afferma definitivamente la forma allungata, più pratica e veloce da cuocere. Le caratteristiche della baguette sembrano rispecchiare lo stile di vita semplice e originale, a tratti un po’ bohémien, del francese medio, e a Parigi diventa vero e proprio rituale quotidiano l’acquisto dal boulanger di quartiere. Un po’ come la copia fresca di stampa del Figaro, la baguette si porta sotto il braccio, ed è lecito, con voluttuosa nonchalance, rosicchiarne l’estremità nel tragitto verso casa. A fronte di un consumo di pane in calo costante, l’immagine resiste ancora oggi, sia pure a livello di stereotipo o cliché. Il primo articolo del decreto Balladur 93-1074 del 13 settembre 1993 riserva ai forni artigianali la dicitura «pain maison», non ammessa ad esempio nei supermercati, che per garantire sempre pane caldo utilizzano semilavorati e impasti congelati. Farina di frumento, acqua, lievito e sale sono i soli ingredienti autorizzati per la « baguette de tradition française », con tolleranza massima dello 0,3 % per il maltato, 0,5 % per la farina di soia, 2 % per la farina di fave.  Dal 1994 si svolge ogni anno a Parigi il Grand Prix de la Baguette, esempio virtuoso da imitare se si vuole tutelare il prodotto artigianale rispetto alla concorrenza sleale della grande distribuzione. Un’apposita giuria interprofessionale valuta aspetto, cottura, mollica, profumo e gusto delle baguette concorrenti (168 nel 2012), premiando la migliore con 4.000 euro e un contratto di fornitura ufficiale per l’Eliseo. Campione dell’anno è la Boulangerie Mauvieux, al 159 di Rue Ordener, nel XVIII arrondissement, non lontano da Montmartre e dal Sacré-Coeur.

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