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Ruchè, il vino del parroco
Pubblicato il 27/04/2012
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Descritto come “l’altra faccia del Piemonte” o “ vitigno misconosciuto e simpatico” da Mario Soldati, regista e scrittore italiano con la passione del vino, il Ruchè rimane ancora oggi una varietà dalle origini incerte e sconosciute. La storia di questo antico vitigno è densa di fascino e mistero. Sono diverse, infatti, le ipotesi che portano all’etimologia e all’origine di questo nome. La prima lega il nome al termine piemontese “rocche” e quindi vitigno coltivato in zone arroccate sul Monferrato; la seconda lo fa derivare da “roncet”, una degenerazione infettiva che alla fine dell’Ottocento attaccò i vitigni della zona e a cui il Ruchè sopravvisse senza problemi. L’ultima, la più accreditata, ne lega la discendenza a un antico vitigno importato dalla Borgogna da alcuni monaci che lo impiantarono intorno al convento, ora distrutto, di San Rocco. Da qualche decennio il Ruchè, sull’onda della riscoperta dei vitigni autoctoni, è in piena fase di rinascita e la sua popolarità è in continua ascesa.

Nel 1964 Don Giacomo Clauda, appena arrivato nel paese, prese in mano l’intero “beneficio parrocchiale” al cui interno si trovava un piccolo appezzamento di terra coltivata a vigna. La vinificazione di quei grappoli a bacca rossa, di forma cilindrica, con una buccia spessa e pigmentata, regalava vini ricchi di aromi e profumi unici. Divenne così il vino della festa e si pose come alternativa ad altri vini di consumo quotidiano quali il Dolcetto e il Barbera. Da allora di strada ne ha fatta davvero tanta, e dopo la Doc del 1987, è arrivata anche la Docg nel 2010, limitata a soli 7 comuni nella provincia di Asti: Castagnole Monferrato, Grana, Montemagno, Portacomaro, Refrancore, Scurzolengo e Viarigi. Ad oggi esistono solo una cinquantina di ettari, circa 300.000 bottiglie, distribuiti tra una quindicina di produttori della zona, riuniti in Consorzio.

Semiaromatico, dotato di elevato potenziale alcolico e di buon corredo tannico, ma di acidità piuttosto bassa, richiede macerazioni di media lunghezza, 10 giorni circa, a una temperatura non troppo elevata per preservare la ricchezza di profumi. Predilige terreni bianchi, un mix fra arenaria, sabbia e vene di argilla, o zone leggermente più calcaree e asciutte. Vinificato in purezza, anche se il disciplinare consente l’utilizzo di un 10% di uve Brachetto e Barbera, il Ruchè è un vino da bere entro i sei anni dalla vendemmia. Di grande interesse il dibattito, degli ultimi anni, su chi ritiene che l’uso del legno sia poco indicato per conservare il quadro olfattivo del vitigno, e chi, nonostante la mancanza di acidità, crede che il vino possa mutare in botti di rovere e sviluppare il vero potenziale durante l’invecchiamento. Le idee, comunque, ci sono, resta solo da stabilire in futuro le migliori tecniche e gli strumenti da adottare in vigna e in cantina.

Tra i diversi Ruchè, abbiamo assaggiato il vino di Pierfrancesco Gatto, enotecnico e proprietario dell’azienda Gatto nata alla fine dell’Ottocento, quando il nonno Giacomo iniziò a vinificare e a commercializzare le uve Barbera. Con gli anni la cantina ha ampliato la superficie vitata che oggi è pari a 8 ettari in cui, oltre al Barbera, si trovano altre varietà della zona del Monferrato come il Grignolino e il Ruchè. Il Millesimo 2010 si veste di un colore rosso rubino dalle sfumature violacee. Al naso presenta un impatto olfattivo intenso, dalle evidenti sensazioni fresche e floreali di rose rosse, violette, gerani e aromi vegetali di felce. Seguono riconoscimenti netti di fragoline di bosco, lamponi e ribes rosso, dominati nel finale da eleganti note speziate di pepe nero e noce moscata. Gusto vigoroso, marcato da una gradevole nota aromatica, animato da un tannino ruvido, tipico del vitigno, e da un finale in perfetto equilibrio tra le componenti morbide e il giusto apporto della nota sapido-acida. Vinificazione in fermentini orizzontali per 72 ore e maturazione in botti di rovere per 5 mesi. Affina in bottiglia per un mese. È un ottimo vino con formaggi di media stagionatura come il Castelmagno e piatti tipici come la bagna cauda o i fagioli all’astigiana.

 

Gatto

Via Vittorio Emanuele II, 15

14030 Castagnole Monferrato (AT)

Tel. 0141 292149

vinigatto@libero.it

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