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A come arselle
Pubblicato il 16/03/2012
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In Sardegna, Liguria e litorale viareggino così vengono chiamate le cosiddette vongole veraci, nome scientifico Tapes decussatus. Sono molluschi bivalvi, che si nutrono filtrando i nutrienti in sospensione nell’acqua. Perciò vivono in colonie numerose sotto il substrato marino, parzialmente o totalmente immerse nella sabbia a 10-15 centimetri di profondità, lasciando sporgere dalle valve socchiuse due piccoli sifoni, uno aspirante e l’altro espirante. Ed è proprio da questi organismi che si distinguono le arselle dalle false veraci, più grandi e insapori, le Tapes philippinarum o semidecussatus, originarie delle Filippine, che hanno ampiamente colonizzato i fondali del Mare nostrum: i sifoni sono separati e ben distinti nelle arselle, uniti nella specie esotica. Tuttavia a un occhio esperto non sfugge la particolare rigatura esterna dei bivalvi nostrani, in Sardegna distinte in arselle (o cocciue) niedde (nere, particolarmente pregiate) e pintade (maculate). Ci sono anche le arselle bianche (Cerastoderma), con valve tonde e rugose, meno saporite. Introvabile perché quasi estinta è invece un’altra specie di arsella, la pregiatissima cocciua lada, nome scientifico Scrobicularia plana. Nelle lagune costiere di Arborea e di Oristano le arselle si seminano allo stato larvale, lasciandole crescere spontaneamente nelle acque tranquille ricche di plancton, fino al maggio-agosto di ogni anno, quando, divenute adulte, si catturano una ad una, con specchio e coltello. Quest’ultimo è in realtà una specie di scalpellino, con cui si preleva il mollusco dal fondale in maniera non invasiva, come invece accade con rastrelli e badili. Le arselle di Marceddì,tutelate da apposito Presidio, sostenuto dalla Provincia di Oristano e dal SIL, sono ottime appena saltate “a ischiscionera”, con aglio e prezzemolo, da sole o come condimento di “sa fregula” o linguine, ma anche in zuppa con fette di pane Civraxiu del Campidano. Curioso notare che sul litorale laziale arselle è sinonimo di telline. L’immagine più lirica delle arselle si deve al livornese Giorgio Caproni, che le paragona alle labbra dischiuse e mormoranti delle donne di Genova, sua città d’adozione:

Sono donne che sanno

così bene di mare

che all'arietta che fanno

a te accanto al passare

senti sulla tua pelle

fresco aprirsi di vele

e alle labbra d’arselle

deliziose querele.

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