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Uno Scacco Matto lungo vent’anni
La degustazione verticale storica di venti annate dello straordinario vino passito di Maria Cristina Geminiani di Fattoria Zerbina è stata avvincente. Ne riportiamo i tratti salienti, nell’auspicio di condividerne le emozioni con chi non c’era.
Pubblicato il 02/02/2017
L'etimo del termine scacco matto ha origini ancora non del tutto chiare; la scuola italiana lo fa derivare dal persiano Shāh Māt, mutuazione discendente dall'arabo e che significa ‘il re è morto’, mentre la scuola inglese lo considera un’alterazione fonologica di un verbo persiano che considerano poi mutato nel "maneo" Latino, cioè restare, persistere.
Il significato sarebbe quindi quello di "restare abbandonato" al suo fato, o in senso militare "sorpreso in un'imboscata".
Qualunque sia l’accezione, lo scaccomatto indica di per sé una situazione ostile nei confronti della pedina più importante: il Re.

Per questo articolo però vorrei che si tenesse in considerazione il maneo latino che, nella forma intransitiva, indica persistenza e resistenza, più avanti se ne comprenderà anche il perché.
 
L'azienda e i vigneti della Fattoria Zerbina sulle colline ad ovest del fiume Marzeno
Dall’antica persia passiamo ora in Italia, dove sono situati i vigneti di Fattoria Zerbina, a poche miglia dalla città di Faenza; si estendono attorno al cuore della proprietà e più precisamente sulle colline ad ovest del fiume Marzeno e dell’omonimo di paese.
 
Il terreno e le vigne di Fattoria ZerbinaLa parte pedo-collinare, caratterizzata da terreni fertili e da un particolare microclima, è impiegata nella coltivazione del Trebbiano e dell’Albana, poiché vi sono condizioni favorevoli allo sviluppo della Muffa Nobile.

Le zone più alte invece, sono contraddistinte da diversi tipi di terreno che vanno da argille calcaree ad alluvionali, più consoni invece alla coltivazione di Sangiovese; contrariamente sono meno estese le zone di erosione definite da un’importante presenza di argille primarie grigie, adatte alla coltivazione di Merlot e Cabernet Sauvignon.
 
Maria Cristina GeminianiLa storia della Zerbina inizia nel 1966, quando Vincenzo Geminiani acquistò l’omonimo podere e decise di piantare i primi vigneti. La produzione ottenne fin da subito numerosi riconoscimenti anche se il salto di qualità avvenne nel 1987, grazie alla nipote di Vincenzo, Maria Cristina, che decise di concentrare gli sforzi per incrementare il valore dell’Albana, vitigno fino ad allora conosciuto più per la sua generosità che per la sua finezza. Cristina intraprese da subito la via della muffa nobile, applicando la vendemmia scalare così come avviene nel Sauternes.

La storia dell’Abana è nota sin dall’Antica Roma, Plinio il Vecchio, Catone, Varrone ne parlano in diversi scritti e l’origine del nome potrebbe derivare dal Latino Albus, che alcuni studiosi considerano toponimo di Colli Albani, pensando che da qui furono prese le barbatelle da coltivare nelle terre in prossimità del Rubicone.
Il grappolo ha dimensioni che possono variare da medie a grandi ed è caratterizzato da una forma lunga e cilindro-conica. Gli acini, pruinosi, hanno una buccia di medio spessore e hanno la capacità di accumulare facilmente gli zuccheri.
 
Le barrique nella cantina di Fattoria Zerbina
Albana di Romagna Passito di Fattoria ZerbinaScaccomatto, da qui la lunga introduzione sull’etimologia, è il nome dell’Albana di Romagna Passito che Fattoria Zerbina produce sin dal 1987. Da allora 22 millesimi hanno visto i natali ad eccezione del 1995, 1999, 2002, 2010 e 2011 a causa di un clima poco favorevole alla formazione di muffa nobile.
Ventidue Millesimi che non mostrano segni di vecchiaia davanti allo scorrere del tempo; la 1987 potrebbe essere confusa con la 2005 molto facilmente; ecco perché il significato di “persistere” di quel maneo latino si addice più di tutti giacché anche un degustatore esperto, se messo alla cieca davanti a questi calici, non riuscirebbe ad indovinare quale sarebbe il più vecchio.

L’unica differenziazione è data dalle caratteristiche marcate dall’annata, seguendo quelli che sono gli andamenti di siccità e precipitazioni.

Anche i processi di vinificazione e maturazione variano poco negli anni, transitando tanto in Rovere Francese di secondo passaggio quanto in vasche d’acciaio, ad eccezione delle grandi annate che non passano in legno.
La degustazione
2013 Oro chiaro ricco di riflessi. Olfatto trattenuto, con evidente nota iodata, firma distinguibile della botrite; seguono albicocca, giuggiole e sul finire un lieve tocco di volatile. Dolcezza trattenuta da buona acidità e sapidità. Figlia di un’annata dai tempi più equilibrati. Un inverno rigido e nevoso, seguito da una primavera tardiva con precipitazioni e basse temperature che si protraggono fino all’estate.
 

2012 Oro scuro. Intense sensazioni iodate seguite, anche qui, da un tocco di volatile che spunterà anche sui ritorni del palato. Frutta gialla matura, miele di castagno. Sorso definito ed equilibrato che insiste sulle caratteristiche olfattive. Annata che paga le conseguenze di una perseverante siccità che ha reso difficoltoso l’inoculo della Botrite, spostando la vendemmia fino alla seconda metà di dicembre.
 
2009 Colore oro a metà tra la 2012 e la 2013. Impatto più alcolico con una nota di iodio subordinata; ancora frutta in confettura, pesca sciroppata, camomilla e zucchero d’orzo. Calice preso dall’acidità che termina con note amare di marzapane.
Dopo un’estate indiscutibilmente arida la botrite dovrà attendere l’aiuto delle precipitazioni abbondanti di fine ottobre; inizio vendemmia a metà novembre per terminare poi la prima settimana di dicembre.
 

2008 Ritorna un calice oro chiaro e torna lo iodio in prima linea. Il sorso continua ad essere equilibrato nonostante le spinte acide e il finale lievemente mellita; comunque snello.
Primavera variabile e piovosa seguita da un’estate calda che agevolala la progressione degli zuccheri. Le escursioni termiche di fine agosto aiutano a mantenere una buona acidità. La muffa si forma con le prime piogge di novembre; uno dei rari casi in cui si ha l’opportunità di raccogliere anche a grappoli interi.
 
2007 Oro chiaro. Bicchiere dolce tanto al naso quanto al palato. Note floreali di camomilla essiccata, frutta matura e zucchero a velo. Palato in linea, un vino circolare, coerente in tutte le sue manifestazioni.
Annata che vede un la presenza di un caldo insistente, spesso accompagnato da forti venti che hanno reso difficile lo sviluppo della botrite. Le piogge che tardano a cadere nel periodo che va dal 18 al 30 ottobre fanno il miracolo. La muffa gradualmente sboccia tra forti venti e bora. Vendemmia sofferta.
 

2006 Oro chiaro con lieve nuance scura. Naso austero, giovane e non del tutto palesato. Zenzero e zafferano spostano le percezioni su tonalità raffinate, ancora in attesa di evoluzione. Acidità persistente con finale di spezie miste a frutto maturo.
Annata equilibrata. L’estate si è mantenuta calda fino a luglio, per poi cedere al fresco ad agosto, con importanti escursioni termiche ed un rovescio che sono stati i presupposti allo sviluppo della muffa.
 
2005 – Tra i millesimi del nuovo millennio è il più scuro, alla pari col 2003. Naso distinto rispetto ai suoi fratelli; al naso olive, strudel, uvetta, cannella e dattero. Palato lievemente dolce e spostato sulle parti morbide; potente e definito chiude con un’inaspettata astringenza tannica.
Annata calda con il giusto apporto di precipitazioni. La botrite ha potuto svilupparsi in modo sano e senza molte difficoltà.
 

2004 Oro non eccessivamente scuro. Un tocco salmastro fa da new entry nel già ampio catalogo olfattivo offerto dalle altre etichette; seguono note più tradizionali di fico secco e dattero. La dolcezza arretra nuovamente, le note amare serrano i ranghi e poco lasciano a quegli sprazzi di dolcezza che cercano di resistere.
Annata caratterizzata da una primavera piovosa ed una estate poco tipica con un luglio caldo, seguito da un agosto freddo, per tornare poi al caldo. La muffa è arrivata abbastanza tardivamente con situazioni diverse a seconda delle vigne ma difficile nella gestione, perché spesso gli acini vicini alla botrite erano affetti da marciume. Verso novembre però giunge l’inaspettato e, per la prima volta nella storia della fattoria, si sono raccolti grappoli interamente botritizzati.
 
2003 Colore molto simile al 2005. All’olfatto in successione molto scandita di presentano iodio, prugna gialla, miele e dattero. Bocca molto vivace dall’acidità quasi invadente; finale amarognolo.
Una primavera incredibilmente calda che anticipa un’estate con temperature mai viste. Si rasentano i 40°. L’albana denota frequenti fenomeni di ossidazione delle bucce e forti ispessimenti che certamente non agevolano lo sviluppo della muffa. Solo alcune precipitazioni di metà settembre ne permettono una timida e circoscritta evoluzione.
 

2001 Colore oro di media intensità. Olive verdi, iodio e zafferano nascono un percettibile distacco alcolico. Sorso dal buon nerbo acido che chiude con finale persistente e agrumato.
Estate calda e asciutta che ha consentito uno sviluppo lento e graduale delle uve.
 
2000 Oro. Naso timido con note speziate di zenzero e pinolo. Vino che mostra un carattere molto giovane; frutta matura e iodio chiudono il ventaglio olfattivo. Vino dalla freschezza dinamica.
In quest’annata si denota il primo cambiamento climatico sostanziale. La siccità è stata presente durante tutta l’estate inoltrandosi fino a settembre. Difficoltoso lo sviluppo della muffa nobile, quasi naturale invece l’appassimento in vigna delle uve.
 

1998 Calice oro scuro. Il naso apre con note di frutta secca, pasta di nocciole e mandorle caramellate. Sorso dal buon equilibrio, con lieve finale amaro che lentamente si arrotonda, prolungando nel tempo tutte le emozioni che questo calice sa regalare.
Cristina definisce tale annata, assieme alla 1992, come l’annata del cuore; le sue parole che sono le migliori per descriverla recitano così:
Ad un’estate giustamente calda, ha fatto seguito un mese di settembre piuttosto fresco rispetto alla media degli ultimi anni. Le uve hanno seguito quindi un percorso di maturazione più lento. Le piogge, distribuite in modo regolare lungo il mese di settembre, hanno permesso infine uno sviluppo omogeneo e diffuso della muffa nobile che si è protratto fino alla fine del mese di ottobre, con risultati che riteniamo, sul piano della concentrazione e della finezza, inferiori solo al 2001. Fra le più belle sia per la progressione della muffa sia per la sua profondità gustativa. Degustando gli acini al momento della raccolta si denotava un equilibrio di potenza e freschezza assai rari. Per la sua purezza assoluta decido di terminare l’affinamento in legno utilizzato fino al 1997 e di proseguire solo la vinificazione e l’affinamento in acciaio. Questo particolare da maggiore voce al carattere dell’annata ed alla purezza del frutto che nel tempo trova grande espressività”.
 
1997 Oro dai riflessi verdolini; olive verdi, dattero e lieve presenza fungina. Bocca decisamente giovane, distinta da caratteri vivaci, figli di un’acidità tutt’altro che debole.
Annata decisamente calda e priva di grosse precipitazioni; nonostante tutto la muffa è comparsa tra i vigneti, affiancandosi così ad un appassimento naturale per via del bel sole e delle elevate temperature.
 

1996 Giallo oro. Torna l’impronta iodata, la frutta matura, la prugna gialla e il dattero che conferiscono a questo calice un profilo in linea con gli altri. Buona acidità; lievi note amarognole chiudono il finale, senza guastare in alcun modo la degustazione.
Annata molto equilibrata, caratterizzata da estate fresca, senza eccessi termici, alternata da periodi di pioggia non eccessivi, seguiti sempre da giornate serene. Buona struttura e completa presenza della Botrytis.
 
1994 Oro lucido e ambrato. Lo spettro olfattivo è probabilmente il meno complesso di tutti, dai caratteri di frutta matura, miele e nocciola tostata. In bocca la progressione è di felpata eleganza, dove la morbidezza prevale sull’acidità che qui cede leggermente il passo.
Annata fortemente compromessa dalle piogge primaverili-estive che hanno causato la comparsa anche di marciume acido, complicando notevolmente la selezione e la purezza del risultato.
 

1993 Compare per la prima volta una nuance rossastra. Lo iodio è comprimario, seguono poi in fila indiana uvetta, fico secco, dattero e candito d’arancia. Bocca che insiste sulla dolcezza.
Annata calda e priva di precipitazioni che ha comportato grossa concentrazione di zuccheri e acidità inferiore alla media.
 
1992 Oro brillante e concentrato. Vino dal carattere molto giovane. La botrite è al servizio di un fruttato suntuoso, seguito da una presenza legnosa di sandalo e boiserie. Il dolce si palesa in prima istanza, per dare posto a note di tabacco; finale quasi aromatico.
Dopo un’estate piuttosto piovosa ed una scarsa tregua durante la raccolta dei rossi, le giornate si sono rasserenate e sono state caratterizzate da un vento fortissimo che ha disidratato con regolarità continua i lunghi grappoli di albana.
 

1991 Oro scuro. Il tocco della botrite è meno evidente; spuntano note eteree e di acquavite. Bocca di straordinaria freschezza che lascia pensare che questo vino possa passare ancora molti anni in bottiglia.
Disidratazione eccessiva e ossidazione in quest’annata han fatto si che solo il 10% dei grappoli raccolti avessero muffa nobile.
 
1990 Colori marcati e concentrati. Naso di frutta matura, camomilla essiccata, miele di castagno. L’equilibrio colpisce nonostante la spinta acida induca a pensare che si tratti di un vino molto giovane.
Assenza di precipitazioni di fine estate, deboli precipitazioni a fine settembre.

1989 Ramato. Profumi incisivi ed eleganti di bacca vanigliata e frutta esotica; struttura avvolgente dal finale ancora fresco e sapido.
Primavera piovosa ed estate fresca con precipitazioni frequenti; la Botrite fa la sua prima comparsa su uve tendenzialmente verdi con acidità sostenuta.
 
1988 Colore evoluto su tonalità d’ambra scuro. La botrite non emerge molto all’olfatto; il ventaglio olfattivo è più affine ad un vino passito tradizionale con lieve accenni di acquavite. L’iniziale abbraccio dolce è scaraventato via da un’acidità stratosferica.
Assenza di precipitazioni e estate calda han fatto si che la presenza di botrite fosse limitata, per quest’annata, al 10% delle uve raccolte.
 

1987 Il primogenito mostra un colore scuro e intenso che anticipa complessità. C’è la firma della muffa nobile all’olfatto che apre la porta a frutta matura, uvetta, fico secco e composta di mele cotognate. Il sorso è avvolgente, col giusto equilibrio tra dolcezza e acidità, avvallato da una lieve impronta sapida che chiude il finale.
Un clima piovoso consente di raccogliere tutta l’uva in un solo passaggio. È l’anno in cui Luigi Veronelli farà conoscere questo vino agli addetti al settore, firmando così il certificato di nascita di un vino che fa parte ormai della storia enologica nazionale.
 
La mappa della Fattoria Zerbina

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