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Il Salento dei... miraggi
Quando la mente viene rapita come in un tenero abbraccio filiale da una terra esuberante di produzioni locali, tra cibo e vino, tra storia e innovazione.
Pubblicato il 01/12/2016
FotografiaBenvenuti nel Salento: e questa volta gioco in casa! Il tacco dello stivale italiano, con ben 250 Km di costa, anche quest’anno ha accolto migliaia di turisti facendo registrare un’ ascesa di presenze senza precedenti.
Eh già: vi racconto il Salento, quello sconosciuto, quello più selvaggio, dove una natura  di infinita bellezza accarezza gli animi e diventa la protagonista indiscussa di paesaggi incantevoli.
Mi muovo indisturbata in questo ‘’mare di storia’’, come accompagnata da mano antica, in un viaggio tra passato e presente, cammino tra i sentieri costeggiati dai muretti a secco, i trulli e le verdi chiome dei boschi secolari d’ulivi, i vigneti fittamente puntinati, pronti a cedere il caro frutto di Bacco.
Attraverso questo  braccio di terra, tra monumenti storici e chiese rupestri,  per arrivare, a piedi nudi, su di una spiaggia finissima e madreperlata, sfiorata dalle onde di un mare smeraldo e cristallino. Mare, vento, sole, terra: tutto questo è il Salento!
Qui siamo ben lungi dal tramonto di una tradizione; percorro i centri storici dei tanti paesi salentini dove, tra  complessi rituali collettivi, che coniugano aspetti  di misticismo pagano a sfrenate danze popolari, prendono vita veri e propri esorcismi musicali, fusi nella dialettica del corpo. Il percuotere energico e ritmato del tamburello, la dolcezza penetrante delle note profonde del violino e il nostalgico pianto della fisarmonica, animano la danza scomposta della donna tarantata, scandiscono i momenti trascendenti, nell’incedere del tempo, delle genti messapiche, le quali, da oltre tremila anni, popolano l’italico tacco fra i due Mari.
 
FotografiaMa non è solo la mente ad essere rapita perché da sempre, come in un tenero abbraccio filiale, questa terra presenta l’esuberanza delle produzioni locali, tra cibo e vino, tra storia ed innovazione. Nelle mie soste rievoco i gusti della tradizione di Corigliano d’Otranto e riscopro abbinamenti nuovi del Festival vegano di Acaya. Si, perché, quando la tradizione  corteggia i nuovi gusti in una terra cruda ed  accoglie le diversità, stemperandole in  vistose analogie tra l’indole genetica delle produzioni autoctone, dalle caratteristiche forti ma gentili e quella dei curiosi visitatori, dalle molteplici sfaccettature, allora lo stato corale di estasi è raggiunto!

Con quest’animo percorro le vie della mia città: Manduria. Qui la vendemmia 2016 per la produzione di vino Doc Primitivo è iniziata con forte ottimismo, secondo i dati di Confagricoltura. Si procede con la rituale analisi sensoriale delle bacche nelle vigne, per cogliere la migliore maturazione, dal taglio ai grappoli in cassetta, bellissimi da vedere. Ora toccherà alla bravura dei vinificatori tirare fuori il meglio! Il Primitivo è un vino ad alta gradazione, ma di grande equilibrio, che ammalia tutti per corpo, struttura, tannicità, finezza ed eleganza. E’ questo un vino capace di conquistare, con le sue nuance terribilmente brillanti, che illuminano il calice cristallino. Aspetteremo pazienti per gustarlo al meglio e, con Neruda, dal singolare Salento dico: ’’Vino[…] morbido/ come un disordinato velluto/ […]non sei mai presente in una sola coppa,/ in un canto, in un uomo,/ sei corale, gregario,/ e, quanto meno, scambievole’’.
 
Fotografia
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