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Prosecco Caput Mundi?
Pubblicato il 06/01/2012
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Non voglio crederci. Non posso pensare di avere sbagliato tutto, di aver sciupato 20 anni di onorata carriera, di avere preso in giro migliaia di allievi in tutto il mondo ai quali ho sempre ritenuto di cedere porzioni di cultura vitivinicola. Sono come inebetito di fronte a ciò cui ho appena assistito.

Venerdì 30 dicembre, Tg2, rubrica Eat Parade. Si parla di bollicine italiane. Da una parte l’esperto di turno, Giancarlo Moretti Polegato, alias Villa Sandi, imprenditore di successo, dall’altra l’intervistatore, il bravissimo Bruno Gambacorta. Bastano pochi secondi e inizia a pervadermi quella sensazione che avrà colto molti di voi almeno una volta nella vita: provare vergogna per chi sta parlando in pubblico, tale e tanta è l’insostenibilità dei contenuti dell’eloquio.

Comprendo l’elogio del Prosecco, bandiera italiana all’estero, sorvolo sulla bottiglia del succitato marchio maldestramente non-nascosta, ma sussulto al momento topico: “Cosa consiglierebbe agli italiani per il pranzo delle feste?” “Inizierei con un Metodo Classico, TIPICO SPUMANTE DA ANTIPASTI”…” per poi proseguire con un Prosecco, meglio se di Valdobbiadene”… e qui la sedia scricchiola …” per finire con un Cartizze”… nel cadere rovinosamente dalla sedia, come se fossi stato colpito da un fulmine, tento un bagno di umiltà, provo a immaginare un blind-tasting nel quale un Prosecco distrugga Ferrari, Bellavista, Ca’ del Bosco, Uberti, Travaglino ecc. ecc. ecc. per corpo, complessità e persistenza, poscia rivedo tutti i dogmi dell’abbinamento vini e dessert, liberando la mente da passiti e distillati e tentando di giubilare la magnificenza del vino secco con CO2 che si fonde con il dolce del glucosio …

Mi riprendo dalla trance momentanea e inizio a sperare che i milioni di italiani abituali seguaci della rubrica siano impegnati in vacanza, in viaggio, al lavoro, ovunque fuorchè davanti al televisore. Cari Bruno e Giancarlo, stimatissimi professionisti, ho per voi una sola domanda: perché?

Il Prosecco è uno dei carri trainanti dell’export di settore, è uno straordinario universo in moto, ma non roviniamolo tentando di sovrastimarne le doti. La presunzione è sempre indice di sottocultura, può solo coprirci di ridicolo e in questo caso il principale danneggiato è proprio lui, il Prosecco. Definirlo, di fatto, il più strutturato e complesso spumante italiano, fa male, in primis, proprio allo spumante italiano e, più in generale, al vino italiano.

In questi anni il mondo del vino ha espresso tanti bravi comunicatori, pregni di vera cultura. Non credo che in questi giorni fossero tutti irrintracciabili per dare agli italiani un messaggio corretto e intellettualmente onesto.

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