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Il Piatto forte
Pubblicato il 06/05/2016
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Il piatto forte è l’emozione, 50 ricette dal sud al nord, Einaudi Editore, è il libro dello chef del momento Antonino Cannavacciuolo. Tante le pietanze, dagli antipasti ai dessert e diversi i consigli. “Non abbattetevi per gli insuccessi. Perché una ricetta riesca davvero, bisogna farla almeno tre volte. Se cucinando vi siete emozionati, i vostri ospiti se ne accorgeranno”. Questi solo alcuni dei consigli del cuoco campano che è un fiume in piena, un vulcano di idee che crede nella tradizione come nell’innovazione. Appella il pomodoro ortaggio re, anche se di provenienza americana, sposa perfettamente i nostri piatti. Amante del sale di Cervia, predilige assaggiare il nettare di Bacco più dal calice che non come ingrediente delle sue pietanze poiché memore del suo utilizzo iniziale nelle cucine non sempre corretto. Innamorato della pasta secca, rammenta i viaggi a Gragnano per comperarne in grandi quantità. Dichiara di essere cresciuto a patate e cozze. Sostenitore che il più buon ragù resti quello della mamma, Antonino ricorda il sugo della nonna che la donna lasciava pippiare tutto il giorno per andare a lavorare nei campi. Tra gli abbinamenti delle sue ricette emergono funghi e capasante. Cannavacciuolo considera la bottarga un ingrediente deciso e nello stesso tempo delicato. La genovese? Condimento leggendario che gli rammenta i marinai napoletani fermi al porto di Genova stanchi, intorno al fuoco che si riuniscono attribuendo il nome alla pietanza. È anche, a suo avviso, una ricetta per testare la bravura di uno chef alle prime armi. Il suo cuoco preferito? Il padre, ovviamente, che per primo cercò di convincerlo a non intraprendere il medesimo mestiere, quello che oggi, invece, lo ha reso unico. Dai tannini vellutati e setosi, austero e dalle note balsamiche come un Taurasi Villa Macchia dei Goti 2010 di Antonio Caggiano.

Cosa ha rappresentato, nella Sua formazione umana, l’essere nato a Vico Equense?

Moltissimo. Non credo che sarei lo stesso se non fossi cresciuto tra i prodotti freschi del mare e della terra che bandivano giornalmente la tavola di casa.

Per anni si è parlato male del Sud, Lei rappresenta una figura di riscatto anche per molti meridionali, cosa intende per napoletanità?

Passione, famiglia, voglia di crescita e amore per la tradizione.

Quando si incontrano tradizione ed innovazione?

Quando i ricordi dei sapori d’infanzia si abbinano all’innato istinto di evoluzione.

Lei parla sempre di giusti ingredienti, quali sono gli ingredienti ideali della vita?

La ricerca della propria felicità.

Anche se siamo in un periodo di crisi, molti gli italiani che mettono da parte i soldi per venire a degustare le Sue creazioni a Villa Crespi, perché?

La gente preferisce risparmiare e preservare i soldi per usufruire di strutture in grado di offrire loro emozioni da non dimenticare.

A proposito di emozione, qual è l’emozione della Sua vita lontano dai fornelli?

I miei figli. Da quando sono venuti al mondo è un’emozione continua che solo chi è genitore può capire.

Che differenza sentimentale intercorre nel condurre Master Chef e Cucine da incubo?

Sono due format televisivi molto diversi. In Cucine da incubo, cerchiamo di risollevare le situazioni di gestioni in crisi, talvolta sull’orlo del fallimento. Masterchef è una gara tra concorrenti che si sfidano affrontando prove di cucina. Ci sono momenti in Cucine da incubo in cui vedere le sofferenze di ristoratori è davvero toccante.

Numerosi i giovani che La osannano. A Suo parere, gli istituti alberghieri sono all’altezza di formare i cuochi di domani? Cosa dovrebbe offrire questo tipo di scuola ai discenti?

Credo che indipendentemente da quanto ogni tipo di scuola possa offrire è fondamentale, per i ragazzi che decidano di crescere in questo settore, sapere che la strada da percorrere è lunga e i sacrifici richiesti non indifferenti.

Sempre sul libro descrive brevemente il vino come memoria più che ingrediente. Ci rende partecipe di un’annata del vino da ricordare?

Ho avuto una bellissima esperienza, quando il 2011 durante un evento tenuto nella Champagne dalla Maison Moet & Chandon, nelle cantine napoleoniche, luogo unico e leggendario, hanno servito una Magnum Champagne del 1975: indimenticabile!

Una citazione sul vino?

Il formato migliore per gustare vino e champagne è sempre la magnum da un litro e mezzo.

 

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