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Il Pollo bussa sempre due volte
Pubblicato il 29/04/2016
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Cucina molecolare, a dirla così sembra una cosa terribile. In realtà consiste solo nell’utilizzo di tecniche e sostanze molto simili a quelle della cucina tradizionale. Se, per esempio, surgelate o meglio ancora abbattete, una preparazione in modo che l’interno rimanga crudo dopo la cottura, sfruttate una reazione “molecolare” agli sbalzi termici. Se congelate il brodo con uno 0,5% di colla di pesce e poi lo filtrate con un panno, state praticando cucina molecolare, così come vostra nonna quando, per ottenere lo stesso risultato, usava l’albume d’uovo. Ferran Adrià, il padre della cucina “destrutturata”, ha scritto un manifesto in 23 punti sulla sua filosofia gastronomica, da cui ho provveduto ad estrarne 4 particolarmente esaustivi:

5. Per quanto si modifichino le caratteristiche del prodotto (temperatura, consistenza, forma ecc.), l’obbiettivo è di preservare sempre la purezza del suo sapore originale, salvo nei processi che prevedono cotture prolungate o nei casi in cui si ricerchino sfumature risultanti da reazioni come quella di Maillard.

7. Come è successo nel corso della storia nella maggior parte dei campi della evoluzione umana, le nuove tecnologie sono uno strumento per il progresso della cucina.

10. La stimolazione dei sensi non è solo gustativa: si può giocare ugualmente con il tatto (contrasti di temperature e consistenze), l’olfatto, la vista (colori, forme, trompe l’oeil ecc.), con ciò i sensi diventano uno dei nostri punti di riferimento al momento della creazione.

13. Si cancellano le barriere tra il mondo dolce ed il mondo salato.

Nel 2003 il fisico Davide Cassi ed il cuoco Ettore Bocchia hanno redatto, sulla base degli studi  il Manifesto della Cucina Molecolare Italiana:

1. Ogni novità deve ampliare, non distruggere, la tradizione gastronomica italiana

2. Le nuove tecniche e i nuovi piatti devono valorizzare gli ingredienti naturali e le materie prime di qualità

3. Sarà una cucina attenta ai valori nutrizionali e al benessere di chi mangia, non solo agli aspetti estetici e organolettici

4. Realizzerà i suoi scopi creando nuove testure di ingredienti scelti in base ai criteri sopra enunciati. Creerà le nuove testure studiando le proprietà fisiche e chimiche degli ingredienti e progettando, a partire da queste, nuove architetture microscopiche.

Entrambi si rifanno a studi degli anni ’80 condotti dai fisici Hervé This e Pierre-Gilles de Gennes (Premio Nobel per la Fisica nel 1991) (Institut National de la Recherche Agronomique) presso il Collège de France di Parigi. Bisogna tenere presente che la sperimentazione gastronomica ha segnato tutta la storia umana e trova le sue prime tracce scritte già in Apicio. Pensate inoltre alla rivoluzione avvenuta in Europa conseguentemente all’introduzione dei prodotti del “Nuovo Mondo”. ‘a pizza co’ ‘a pummarola ‘n goppa esiste solo perché un ignoto “scienziato” dell’epoca decise di sperimentare il pomodoro, di recente introduzione, prima con la pizza e poi addirittura con la mozzarella. Anche allora non saranno mancati i detrattori mossi dal rispetto per le tradizioni, per fortuna inascoltati. Non parliamo poi della rivoluzione di Caterina de’ Medici che pretese l’introduzione della forchetta a tavola e, anticipando i dettami di Pierre François La Varenne, comincio a costruire quelle barriere tra dolce e salato, che Ferran Adrià si propone di “cancellare” al punto 13 del suo manifesto. In Italia un’ordinanza del 19 febbraio 2010 gettò la ristorazione nel panico vietando l’uso di sostanze “gassose”. La confusione con cui venne emessa portò a bandire ingredienti come il glutammato di sodio e il lievito istantaneo, lasciando indenni dal divieto l’agar agar e l’azoto liquido.

Nel dettaglio, le principali tecniche della cucina molecolare sono:

  1. La gelificazione: trasformazione di liquidi in gelatine che possono assumere le forme desiderate. Una volta si usava la colla di pesce ora viene preferito l’agar agar, un estratto di alghe marine con un maggior potere addensante.
  2. Emulsione: trasformazione di liquidi in mousse molto leggere. Si usa licitina di soia o azoto con l’apposito sifone. Niente di nuovo, la panna montata è un’emulsione!
  3. Sferificazione di base e inversa: contrariamente alla gelificazione l’interno della sfera rimane liquido. Nel primo caso si usa il lattato di calcio per preparare il liquido e l’alginato di sodio per innescare la reazione. Si prepara così il “caviale” di qualsiasi ingrediente. Nel secondo caso gli additivi sono invertiti e si ottengono sfere di maggiori dimensioni.
  4. Polverizzazione: serve a polverizzare, a scopo decorativo, liquidi grassi con la maltodestrina. Si può ottenere lo stesso risultato con liquidi non particolarmente grassi mediante un lungo procedimento di essiccazione a bassa temperatura.
  5. Raffreddamento con azoto liquido: cavallo di battaglia di Adrià che consente la preparazione di gelati più fini ed eleganti.
  6. La sospensione: addensamento cremoso di sostanze liquide mediante l’utilizzo di gomma xantana.
  7. Frittura nello zucchero: miscela di zuccheri fusi per ottenere una frittura croccante e priva di grassi.

La fantasia personale permette di inventare infinite nuove tecniche o di trasformare, in chiave moderna, quelle usate dalla cucina tradizionale. Chi è contrario a questo tipo di evoluzione si rassegni. Queste tecniche sono ormai di dominio pubblico e vengono insegnate ad amatori e professionisti. Tutti i ristoranti di cucina creativa usano quotidianamente queste preparazioni per guarnire o insaporire rivisitazioni della cucina tradizionale. A noi sommelier non resta che imparare a conoscerle per poter scegliere i giusti abbinamenti con il vino o, perché no, con la birra.

Questa lunga premessa solo per introdurre il mio secondo esperimento personale con queste tecniche. Ovviamente si tratta di ibridi: un po’ di molecolare su una solida base di rivisitazione della cucina tradizionale. I due piatti prescelti sono stati il pollo con i peperoni e le fettuccine al ragù. Il pollo è stato sminuzzato in piccoli pezzettini e cotto in padella con erbe aromatiche e riduzione di marsala. La base è costituita da riso rosso cotto con una mousse di peperoni e curry. Il tutto decorato con un’emulsione di peperoni, “caviale”, sempre di peperoni, una polvere di olio extra vergine aromatizzato ai peperoni e pezzettini di peperoni. Il risultato è stato ottimo e molto apprezzato anche da colleghi sommelier presenti alla prova. Per l’abbinamento ho scelto l’Etna Bianco Arcuria 2011 di Graci, il Cerasuolo d’Abruzzo 2013 di Emidio Pepe e il Barolo Pernanno 2005 di Cascina Bongiovanni. Completamente fuori tema il Barolo, ottimo il bianco, forse uno dei migliori d’Italia, ma il rosato ha stravinto la competizione come miglior abbinamento. Il secondo esperimento ha richiesto ben tre tentativi prima di trovare la sua strada. Il ragù cotto a bassa temperatura e poi frullato presenta un quantitativo di grassi che osta alla preparazione di un liquido adatto a sferificazione e gelificazione. Al terzo tentativo ho deciso di non frullare il sugo ma solo di filtrarlo, surgelarlo con un pizzico di colla di pesce e filtrarlo di nuovo con un panno. In questo modo ho ottenuto un ottimo ragù tradizionale e un liquido leggero e privo di grassi. Ho preparato dei dischetti di pasta all’uovo che ho decorato con tre tipologie diverse di gelatine, caviale di ragù e mousse di parmigiano. Risultato: molto delicato, anche troppo per i miei gusti. Per l’abbinamento hanno ottenuto la nomination il Cerasuolo d’Abruzzo 2013 di Torre dei Beati e il Vertigo 2010 di Livio Felluga, un blend di Merlot e Cabernet Sauvignon. Anche in questo caso ha vinto nettamente il rosato.

A questo punto è evidente che o la cucina molecolare si abbina con i rosati o io mi devo decidere a “molecolarizzare” il pesce!

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