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Il Coraggio di vincere
Pubblicato il 22/04/2016
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Da pochi giorni è sceso il sipario sulla fiera del vino più visitata al mondo e si tirano le prime somme. Si parla della vivacità dell'intero comparto che naviga a vele spiegate in controtendenza alla crisi attuale e che riesce, ancora, a riversare una buona redditività nelle casse nazionali. Sempre alto il livello degli importatori stranieri con una sentita presenza di Brasiliani, gli onnipresenti Cinesi e un timido riaffacciarsi dei Russi, oltre a visitatori di tutto il mondo occidentale.

Anche quest'anno ho potuto godere del paesaggio cittadino grazie alla lunga permanenza sull'auto all'arrivo ed all'uscita dalla città, ma lo sapevo già da anni, quindi la vera novità sarebbe stata il contrario... Molto in risalto alcuni grandi vini, soprattutto della mia terra pugliese che continua a cavalcare il felice momento del Primitivo. Qua e là un pregevole ritorno al sobrio, al minimale, soprattutto in alcuni stand istituzionali dove si è preferito focalizzare l'attenzione sui produttori, sulle loro facce ed etichette in primis, in ampi stand “open space” a formare una sorta di libero mercato di vini di gran pregio.

Questa la scelta dell’UNIONCAMERE Piemonte, dove per il primo anno si è usciti dagli angusti spazi e dagli stretti corridoi per ritrovarsi in un elegante salone dall'atmosfera “cena in bianco”.

Bravi gli espositori che hanno rinunciato, più o meno forzatamente, a cantanti di “grido” ed orchestrine di paese, ed all'organizzazione della fiera che ha iniziato ad arginare l'invasione di bevitori senza fondo e forse senza biglietto che squalificavano tutta la fiera. Un po' di delusione mi prende quando mi voglio fermare per una meritata mezz'ora (non riesco di più) e non trovo un piatto semplice dell'amata cucina italiana. Panini orrendi carissimi (forse decongelati?) o ristoranti con grandi cuochi stellati. Nulla che sia a metà strada e comunque prezzi non proprio da menù di lavoro. Grande nota di merito alla rivista “L'informatore Agrario” che ha saputo affrontare e gestire con attenzione l'argomento cardine che sta per inondare l'intera viticoltura europea per non dire mondiale, organizzando un convegno chiarificatore ed esaustivo. I più grandi studiosi di viticoltura, vivaisti, cantine ed esperti del comparto riuniti insieme ad informare una vasta platea di operatori (soprattutto produttori) sulle reali potenzialità dei vitigni resistenti alle malattie fungine.

Argomento dibattuto da alcuni anni tra esperti e cantinieri, i secondi dapprima scettici e poi gradatamente determinati a fare almeno una prova nei loro vigneti.

Siamo giunti nell'era, dove finalmente esistono viti dalla sorprendente resistenza a peronospora e oidio, i due grandi crucci della viticoltura dai tempi della fillossera. Piante teorizzate da studiosi armati di santa pazienza nell'attesa che crescessero generazioni di pampini in provetta.

Purtroppo selezioni e incroci fatti in diversi Paesi europei da decine di anni non sempre vanno a braccetto con la legislazione. Alcuni stati, forse più attenti all'ambiente e sicuramente non depositari di grandi denominazioni e storici marchi (Germania, Rep. Ceca) hanno già omologato diverse varietà. Altri, come l’Italia, sembrano crogiolarsi in un'apparente indifferenza che, di apparente, ha solo una gran perdita di opportunità. Ma per un produttore cosa c'è di meglio di queste varietà?  Quando si riducono, se non addirittura eliminano totalmente, i trattamenti anticrittogamici?

I risparmi sono enormi. In salute, semplicemente incalcolabili.

Ma la novità è la forte riduzione dell'utilizzo di macchine agricole e quindi un grandissimo risparmio di carburante e mancate emissioni di monossido di carbonio.

In soldoni, rispetto alla viticoltura convenzionale, il risparmio si aggira sui 1.000 euro ad ettaro annui. Si calcola, in un'annata media uno, forse due trattamenti contro i 15 -20 della coltivazione biologica della vite! Una pecca, per ora, è che le selezioni siano state effettuate  soprattutto su viti coltivate nel nord  Europa.  Scarso ancora l'interesse che possono suscitare tra i produttori del sud.

Gli unici pronti saranno sicuramente i consumatori, in forte attesa di vini sempre più puliti e bio sul serio. E il nostro principale concorrente, la Francia, sembra che dal 2017 sarà  già pronta a legiferare. Non potremmo osare di arrivare noi una volta per primi? Ci vuole coraggio…

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