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F Come Filu 'e Ferru
Pubblicato il 19/02/2016
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Fortissima acquavite” – la definisce Giuseppe Dessì in “Paese d'Ombre”- che si usava per disinfettare le ferite, per prevenire la malaria e specialmente le infreddature e vi si inzuppavano i succhiotti dei lattanti, che smettevano di piangere e dormivano profondamente per ore, nelle loro culle”. Nato all’alba del ventesimo secolo nel capoluogo isolano, lo scrittore trascorre la sua adolescenza a Villacidro, cittadina rurale alle pendici del Monte Linas, ove, secondo la sua testimonianza, il Filu ‘e Ferru si beveva in grande quantità e si distillava in ogni famiglia, in genere con attrezzature improvvisate.

Sul mercato di Cagliari il prodotto, ricorda sempre Dessì, alimentava un commercio di una certa rilevanza, nonostante il gravame di un dazio esorbitante, senza contare le ingerenze degli ispettori di stato, che spesso effettuavano controlli casa per casa, sequestrando gli alambicchi fuori norma, nella maggior parte dei casi rudimentali caldaiette o pentole in rame, collegate da un tubicino. La procedura era semplice, e permetteva di utilizzare al massimo le risorse della viticoltura: nel più largo dei due recipienti si introducevano le vinacce recuperate dal torchio, ponendo il tutto sul fuoco, mentre nell’altro recipiente si formava il vapore, che, raffreddato da una serpentina, si ricondensava goccia a goccia sotto forma di acquavite. Tecnicamente, il Filu ‘e Ferru appartiene pertanto alla famiglia delle grappe, distillato di vinacce tipicamente italico, di origine forse egizia o mediorientale, le cui proprietà erano già note, nell’alto medioevo, alla Scuola Medica Salernitana. Il nome particolare non c’entra, come qualcuno ha ipotizzato, con la virile tempra del ruvido bevitore isolano, che al massimo s’incurva, ma mai si spezza; derivandole invece dall’atavica ribellione fiscale alle imposizioni del potere continentale e dalla conseguente usanza, specialmente nel Nuorese, di nascondere le bottiglie nei luoghi più impensati, magari nel porcile o seppellite nel terreno dell’orto di casa pur di sottrarle alle incursioni sanzionatorie dei doganieri sabaudi.

Un fil di ferro sporgente piegato a uncino a mo’ di segnale permetteva di individuarle e recuperarle agevolmente una volta cessato il pericolo. Oggi, ovviamente, la pratica è cessata, ma il nome è rimasto, in alternativa al più generico appellativo di “Abbardente” (letteralmente, “acqua ardente, infuocata”, da “abba”, acqua), vagamente spagnoleggiante e in effetti molto affine a un distillato iberico come l’Aguardente Bagaceira dei Portoghesi.  Scomparse le pratiche casalinghe e improvvisate, le distillerie odierne dispongono di moderni alambicchi e idonee attrezzature per la preparazione e il condizionamento del prodotto, oltre a bottaie allocate in appositi locali a temperatura costante, finalizzati allo stoccaggio e alla maturazione. La Liquoreria Collu, a Decimomannu, presso Cagliari, affianca al Filu ‘e Ferru una gamma completa dei tradizionali liquori isolani. Persiste, in effetti, una certa immagine legata a consuetudini piccolo borghesi un poco rétro, come ben sanno i frequentatori del milanese Cucina Fusetti, in Via Mario Fusetti, ai Navigli, che, a coronamento di uno stuzzicante menu sardo-portoghese, offre un Filu ‘e Ferru homemade in deliziose ampolline, in mezzo a un bric-à-brac di mirabilia anni Cinquanta-Sessanta. Un packaging decisamente molto innovativo e dinamico caratterizza invece i prodotti delle Distillerie Lussurgesi, piccola azienda a dimensione familiare di Santu Lussurgiu, in provincia di Oristano,  il cui titolare Carlo Pische aspira a rivalutare la tradizione del Montiferru, ove è storicamente documentata la pratica di distillare il vino, piuttosto che le vinacce.

Abbardente è il nome del prodotto di punta di una variata gamma liquoristica, alla quale si aggiunge una golosa linea di specialità dolciarie a tema, come il dolce farcito con uva passa o i cioccolatini con crema all’acquavite. Della Cantina Gostolai, realtà vitivinicola relativamente recente, piaceranno a chi predilige il classico raffinato l’ Abbardente Grappa di Nepente, da vinacce di Cannonau, e la gemella Grappa Barrique di Nepente.

Una curiosità, che però nulla ha a che vedere col Filu ‘e Ferru vero e proprio: esiste in Piemonte un liquore “Fil da Fer” quasi omonimo, ma diversissimo nella formula, a base di uovo e punch al rum, messo a punto da un barman ossolano per ritemprare le forze degli appassionati di sci.

 

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