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Falanghina
Pubblicato il 23/10/2015
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La Falanghina riveste un ruolo fondamentale nell’enologia della Campania dal punto di vista sia produttivo sia economico; è infatti il vitigno a bacca bianca più coltivato della regione, con oltre 2.000 ettari di vigna censiti (quota superata solo dalle superfici destinate all’Aglianico), ed è la varietà che produce il maggior fatturato da almeno 15 anni, con oltre 150 aziende che nel campionario hanno almeno un’etichetta a base di Falanghina. Questa cultivar, il cui nome deriva dal latino falanx, ossia il palo a cui erano legate le viti, sistema che ancora oggi si incontra negli impianti più vecchi dei Campi Flegrei, è suddivisa in un biotipo sannita e in un biotipo flegreo. Quest’ultimo è diffuso soprattutto nelle isole campane, nella zona di Napoli e alle pendici dei Campi Flegrei.

I Campi Flegrei si estendono a nord del Golfo di Napoli e sono composti da più di quaranta crateri vulcanici che, alternandosi alla costa, dànno forma a un panorama unico, con insenature e promontori stagliati sull’azzurro del mare; qui le viti crescono ancora su piede franco grazie al terreno ricco di minerali che ha tenuto lontano la piaga fillosserica. A Bacoli, in piena area flegrea, la famiglia Di Meo ha avviato nel 1997 un’azienda vitivinicola, battezzandola “La Sibilla” in onore della sacerdotessa di Apollo il cui antro, di virgiliana memoria, si trova poco distante. Motivati dal desiderio di salvaguardare l’antichissimo patrimonio viticolo della zona, formato da ceppi di Falanghina e Piedirosso risalenti anche a un secolo fa, i Di Meo conducono le varie attività in vigna con un rispetto quasi mistico nei confronti della terra ma anche con un piglio moderno e votato alla sperimentazione. In cantina il dominus è Vincenzo Di Meo, figlio del fondatore ed enologo, il quale, oltre a creare un paio di versioni classiche di Falanghina rientranti nella denominazione Campi Flegrei, ha voluto reinterpretare questo vitigno firmando un prodotto dalla lunga macerazione e affinamento. È nato così l’Igt Domus Giulii, il cui nome fa riferimento alla Villa di Giulio Cesare, una delle tante dimore flegree degli imperatori romani, i cui resti si trovano in prossimità del piccolo vigneto di origine.

La fermentazione del Domus Giulii avviene con le bucce e i vinaccioli a temperatura controllata ed è seguita dalla macerazione per 5 mesi sempre a contatto con bucce e vinaccioli. Il make up del vino prosegue con la maturazione sur lie in barrique di terzo passaggio per un anno e si conclude con una sosta di 6 mesi in bottiglia. Abbiamo provato l’annata 2010 e, viste le premesse, tra i profumi che per primi si svincolano dal corpo dorato e si presentano al naso non ci meravigliamo di trovare quello della buccia dell’uva, seguito da una folata di salsedine. Si riconoscono anche gheriglio di noce, purea di mele e, in generale, frutta a pasta gialla molto matura, addirittura cotta; quindi zenzero e mais con un timbro di spezie esotiche e fiori di campo a chiudere l’inusuale parata. Il palato è polposo, quasi materico, decisamente morbido, arrotondato dal lungo affinamento; le note sapide marcano l’intera estensione gustativa mentre la freschezza, benché innata nel vitigno, è relegata in secondo piano.

La Sibilla
Via Ottaviano Augusto, 19
80070 Bacoli (NA)
Tel. 081 8688778
www.sibillavini.com
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