Bibenda
Bibenda, per rendere più seducenti la cultura e l’immagine del vino.
Visualizza tutte le notizie
D come Dolma
Pubblicato il 17/04/2015
Fotografia

È proprio aprile-maggio la stagione dell’anno più propizia per preparare questo piatto della cucina turca, irradiatosi, con nomi simili, in tutta l’Europa balcanica e oltre, fino al Vicino Oriente: Dolmades (al plurale) in Grecia, Dolmas in Libano, Dawali in Palestina, Dolmeh in Iran. Spuntano in vigna le nuove foglie, tenere e croccanti, ancora esenti da ogni trattamento di sorta. Sarebbe un vero peccato non approfittarne per fare un po’ di scorta. I Dolma, infatti, non sono altro che involtini di riso (tradizionalmente, il Basmati a chicco lungo) o di carne racchiusi in foglie di vite arrotolate a sigaro o a fagottino e appuntate con uno stecchino. I Dolma di carne sono generalmente serviti caldi, mentre quelli senza carne sono serviti freddi a mo’ di antipasto, magari con contrappunto di salse acidule a base di yogurt o col tipico “avgolemono” (uovo e limone) della cucina greca. La cottura avviene in padella o in teglia, con poco olio. Poiché il termine deriva dal verbo turco « dolmak » che significa "da riempire", in realtà si utilizzano anche le foglie del gelso selvatico, oppure, specie in inverno, di cavolo verza. Ma le foglie fresche di vite donano senza dubbio un gusto particolare, piacevolmente erbaceo e delicatamente aromatico. 

L’uva è certamente più gradevole da mangiare, ma anche le foglie sono una vera miniera di sostanze utili per il nostro organismo: acidi organici, antociani, vitamine A, E, C, K, carboidrati, diversi microelementi quali magnesio e potassio, preziosi antiossidanti come i tannini e il resveratrolo e perfino sostanze enzimatiche stimolanti la secrezione biliare. E’ curioso che nelle nostra Italia, paese della vite e del vino ed epicentro della dieta mediterranea, non esista un corrispettivo dei Dolma. Lo stesso utilizzo a fini alimentari della foglia di vite è considerato, chissà perché, un esotismo, tanto che importiamo dalla Grecia, dalla Turchia e perfino dalla California foglie di vite in salamoia pronte per l’uso, come se in Italia non fosse proprio la vite la prima specie vegetale coltivata. Eppure la produzione di foglie di vite in conserva può rappresentare un’interessante prospettiva economica: basti pensare che la sola Arabia Saudita importa circa 9.000 tonnellate di foglie di vite in salamoia, per lo più da Stati Uniti e Turchia, per un valore di quasi 11 milioni di euro. La nostra Italia potrebbe entrare sul mercato? E’ auspicabile, dati i risultati positivi di un progetto sperimentale portato a termine con successo dal Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura e dal Centro di ricerca, sperimentazione e formazione in agricoltura "Basile Caramia" di  Locorotondo (BA). Dalle prove effettuate, si è visto che la fase migliore per il prelievo delle foglie è appena all’inizio dell’allegagione, con bacche di 5 millimetri. Dopo la raccolta, le foglie sono state stoccate in cella a 4-6 °C per 2-3 giorni. Quindi sono stati preparati gruppi di 10 foglie, arrotolate a forma di sigaro, inserite in vasetti di vetro contenenti soluzione acido - salina al 3% di NaCl + acido L-ascorbico + acido citrico, per raggiungere pH 3,8. I barattoli sono stati chiusi manualmente, stabilizzati a caldo raggiungendo una temperatura di 105°C in autoclave. Contrariamente ai prodotti in commercio dal colore marrone tabacco, solitamente additi vati di conservanti,il prodotto pugliese mantiene invece una colorazione verde intenso simile al prodotto fresco. Riferendosi alle esperienze sulla situazione produttiva e commerciale internazionale, meccanizzando le operazioni di raccolta delle foglie e di trasformazione, sarà possibile produrre anche in Italia e commercializzare le foglie su gran parte dei paesi in cui viene esportata l'uva da tavola italiana. Per la prima volta si potrà così definire la vite a duplice attitudine: uva da tavola e foglie o uva da vino e foglie. Disponendo del prodotto fresco, comunque, preparare i Dolma in casa è facile e dà grande soddisfazione: scegliete una dozzina di foglie di vite appena spuntate, tenere e verdeggianti, evitando quelle tomentose (con lanugine), nervature coriacee, macchie o bollosità. Lavate le foglie in acqua corrente, per poi sbollentarle un paio di minuti in acqua salata, appena scolate raffreddatele in una bacinella con acqua ghiacciata e infine stendetele ad asciugare su un canovaccio immacolato. Una volta farciti a piacere gli involtini, adagiarli in un tegame di coccio o in una pirofila irrorata con un giro di extravergine e con il succo di un limone, infornando per una ventina di minuti a forno ben caldo. Varianti dei Dolma classici si possono comunque preparare per riciclare in maniera originale e appetitosa degli avanzi, ad esempio peperonata o ritagli di arrosto, magari aromatizzando con qualche foglia di Menta, Pinoli e Sultanina. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA